Riassunto analitico
Il pluralismo giuridico è una teoria che postula la coesistenza di due o più ordini giuridici all’interno di un medesimo spazio sociale: la dimensione normativa della teoria consiste nel fatto che tali ordini, oltre a coesistere, interagiscono e si legittimano riconoscendosi reciprocamente il carattere giuridico. Tradizionalmente il pluralismo è ricondotto alla matrice giuridica antiformalistica del primo Novecento e alla genesi della sociologia del diritto: in tali ambienti si manifestò, in varie forme, una rivolta contro “il feticismo della legge” tesa a recuperare il carattere irriducibilmente sociale e anti-statuale del fenomeno giuridico. Alcune decadi dopo il modello pluralistico è stato poi applicato anche dall’antropologia giuridica ai contesti (post-)coloniali e, più recentemente, alle dinamiche delle società multiculturali: esso, ammettendo la legittimità di uno ‘spazio per la differenza’, mette in crisi i postulati tradizionali del centralismo giuridico quali l’unità e l’esclusività dell’ordinamento. Nella riflessione contemporanea, con l’affermazione della globalizzazione e con l’emersione di ordini giuridici di fonte non statuale, il pluralismo rappresenta una lente privilegiata per l’osservazione degli sviluppi del diritto oltre lo stato: in particolare esso costituisce una risorsa esplicativa particolarmente utile per leggere i fenomeni di integrazione regionale, la frammentazione del diritto internazionale e l’insieme di ciò che una grande quantità di external players produce e che è ormai diffusamente denominato “diritto globale”. Il diritto internazionale, in particolare, tradizionalmente agito solo dagli stati, ha cominciato a produrre effetti rilevanti anche per i singoli individui, ai quali, mediante convenzioni e trattati, riconosce diritti che gli stati sono chiamati a rispettare. Questi processi, ponendo in primo piano nuove autorità jurisgenerative, dimostrano come l’identificazione tra ‘diritto’ e ‘stato’ è una semplice contingenza e non una necessità concettuale. La sovranità statuale appare, dunque, vincolata ab extra da norme e principi che rivendicano il rango di una lex superior: il costituzionalismo, storicamente sviluppatosi nel contesto delle arene nazionali, è costretto a ripensare le sue funzioni e a proiettarle in spazi sprovvisti di “centro” e di stabili gerarchie. Sviluppi simili caratterizzano anche contesti sovranazionali giuridicamente integrati in sistemi c.d. ‘multilivello’, come l’Unione Europea, che superano la metafora verticale della piramide kelseniana ed inverano quella orizzontale o eterarchica della ‘rete’. I vari ordini giuridici, dotati di grammatiche e imperativi particolari, sono quindi indotti a ricercare strumenti di comunicazioni che consentano la protezione dei diritti fondamentali, del rule of law e dei valori liberali. Ciò inevitabilmente comporta, da parte dell’interprete, l’assunzione di un’attitudine metodologica e di un impegno intellettuale che, superando le gabbie della tradizione, favoriscano l’articolazione di un pensiero post-positivistico adeguato alle sfide del mondo contemporaneo.
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Abstract
Legal pluralism is a theory that postulates the coexistence of two or more legal orders within the same social space: the normative dimension of the theory consists in the fact that these orders, in addition to coexist, interact and legitimize each other recognizing each other legal character.
Traditionally it is linked to the anti-formalistic legal matrix of the early twentieth century and to the genesis of the sociology of law: in such environments manifested, in various forms, a revolt against “the fetishism of the law”, aimed at recovering the irreducibly social and anti-statist character of the juristic phenomenon. Some decades later the pluralistic model was then applied also from legal anthropology to the (post-)colonial contexts and, more recently, to the dynamics of multicultural societies: it, admitting the legitimacy of a ‘space for difference’, puts in crisis the traditional postulates of legal centralism such as unity and the exclusivity of the legal system.
In contemporary reflection, with the affirmation of globalization and with the emergence of legal orders from non-state sources, pluralism is a privileged lens for observing developments in law beyond the state: in particular, it constitutes a particularly useful explanatory resource to read the phenomena of regional integration, the fragmentation of international law and the set of external players that produce what is now widely known as “global law”. International law, in particular, traditionally acted only by states, has begun to produce significant effects also for individuals, to whom, through conventions and treaties, recognizes rights that states are bound to respect.
These processes, placing new jurisgenerative authorities at the forefront, demonstrate how the identification between ‘law’ and ‘state’ is a simple contingency and not a conceptual necessity.
State sovereignty appears, therefore, constrained ab extra by norms and principles that claim the rank of an “higher law”: constitutionalism, historically developed in the context of national arenas, is forced to rethink its functions and project them into spaces without a “center” and of stable hierarchies. Similar developments also characterize supranational contexts legally integrated into c.d. ‘multilevel’ systems, like the European Union, which surpass the vertical metaphor of the Kelsenian pyramid and in fact invert the horizontal and eterarchic one of the ‘web’.
The various legal orders, endowed with particular grammars and imperatives, are therefore forced to look for instruments of communications that allow the protection of fundamental rights, of the rule of law and of liberal values. This inevitably entails, on the part of the interpreter, the assumption of a methodological attitude and of an intellectual commitment which, overcoming traditional cages, favor the articulation of a post-positivistic thought appropriate to the challenges of the contemporary world.
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