Riassunto analitico
Il tema del patrimonio digitale non riceve, allo stato attuale, pressoché alcuna considerazione, da parte del Legislatore italiano, al contrario di quanto accade, a titolo di esempio, all’interno dell’ordinamento giuridico statunitense. Nonostante l’acerba elaborazione, riscontrabile in dottrina, la fattispecie in esame esige riflessione, anche per i profili, in grado di lambire l’eventuale caduta in successione ereditaria dei beni, che compongono codesto indefinito insieme. I principali service provider (si pensi, tra tutti, a Google, Yahoo!, Facebook) si sono, a tal fine, prodigati, proponendo soluzioni pratiche, per fare fronte ai principali ostacoli emersi nella prassi. Sovente, codeste proposte si dimostrano prive di quella riflessione, demandata dalle differenti legislazioni coinvolte, a fronte di rapporti giuridici, capaci di intrecciarsi con individui provenienti da stati diversi, rispetto a quelli in cui hanno sede molti dei provider appena rammentati. La materia del patrimonio digitale risulta, per larga parte, regolamentata da previsioni pattizie, imposte dai fornitori di servizî online, i quali, forti del loro potere contrattuale, di fatto superiore a quello degli utenti, sottopongono, al vasto pubblico della rete, testi negoziali unilateralmente predisposti, senza lasciare spazio a preventive contrattazioni. Codesti contratti affondano le radici in modalità di stipulazione, ormai affermatesi negli usi delle contrattazioni in rete – il principale strumento di comunicazione e contatto, per soggetti fisicamente distanti -, ma che serbano il dubbio circa la loro liceità. Si pensi, in particolare, alle modalità di stipulazione conosciute con i nomi di shrinkwrap, clickwrap e browsewrap agreements. Ulteriore attenzione deve essere riservata ad alcune clausole - le cosiddette “clausole di terminazione” -, racchiuse nei già rammentati testi contrattuali proposti al pubblico, che mirano a impedire la caduta in successione ereditaria dei beni conservati negli account digitali, concessi, in temporaneo godimento, dai service provider, agli stessi utenti. All’uopo, pare, quanto mai, opportuno un raffronto con la disciplina di Diritto internazionale privato, anche alla luce del Reg. UE n. 650/2012, arricchito da alcune considerazioni attorno alla figura dei patti successorî, chiaramente evocati dalle previsioni negoziali appena rammentate. L’eterogeneo insieme, delimitato dalla locuzione “patrimonio digitale”, non presenta natura giuridica definita, dovuta al vasto numero di oggetti, di cui esso può, in fatto, essere composto. A titolo meramente esemplificativo, possono rientrare, all’interno di questa ampia categoria: la corrispondenza epistolare, nella sua peculiare forma di posta elettronica; i rapporti contrattuali, in vigore tra service provider e utenti; il diritto d’autore; il diritto all’immagine; i cosiddetti “beni familiari”. Concludendo, in taluni casi, nel senso dell’illegittimità delle clausole di terminazione, e considerata, altresì, la prevalenza, sulla volontà negoziale delle parti, da riconoscere alla natura giuridica dei beni, di cui si compone il patrimonio digitale, occorre dedicare attenzione agli strumenti legislativi, da asservire agli scopi in esame. A tal fine, ben potrebbero essere impiegate alcune fattispecie, già disciplinate dal Codice civile (si pensi allo strumento del legato, oppure all’esecutore testamentario), nonché figure, apparentemente non ammesse dall’ordinamento italiano vigente, ma per le quali la migliore dottrina non dubita della liceità e dell’efficacia (fra tutte, il mandato post mortem exequendum).
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Abstract
On one hand, the Italian legislator has not specifically addressed digital assets yet; on the other hand, they are considered, for example, by some of the United States of America. Nevertheless, the issue at stake requires serious attention. Nevertheless, digital assets require serious attention, as they are strictly related to their owner’s mortis causa succession.
Some of the most known online service providers (Google, Yahoo!, Facebook) have already tried to overcome the main practical issues, offering a few substantial solutions. In most cases, these proposals do not acknowledge legal differences between countries, even though online connections are a worldwide phenomenon, which does not only involve the providers’ legal domicile.
Service providers dictate contractual provisions which, at this moment, constitute the main regulation of digital assets. These provisions can be imposed thanks to the superior bargaining position of service providers. As a matter of fact, their power seems to overcome the one held by users. Service providers offer one-sided agreements, which do not involve any previous negotiations with the public.
These contracts find their origins in formation procedures for online negotiations, which nowadays are commonly used by individuals from different parts of the world to communicate and bargain. Nonetheless, the validity of these procedures (in particular: shrinkwrap, clickwrap and browsewrap agreements) is questionable.
Furthermore, lawyers must face some other clauses, often included in the above mentioned one-sided contracts. The providers’ intent is to prevent the inheritance of those digital assets, held in the online accounts, which are granted to users for a limited period of time. This purpose is achieved with the so-called “termination clauses”.
Also, there must be a relationship with the International Private Law in force, and especially with the EU Regulation n. 650/2012. Termination clauses remind the figure of the «contracts to make or not to make a will» (the Italian “patti successorî”), which must be addressed as well.
In conclusion, digital assets present an undefined legal nature. The uncertainty of its origins depends on the huge amount of objects which can define the digital assets. To be more specific, a few components of digital assets are: correspondence (in particular, e-mails), contractual relationships between service providers and users, privacy rights regarding the user’s personal image, “familiar goods”.
In case we consider invalid the termination clauses included in these online agreements, we could evaluate the legal tools to allow the inheritance of digital assets. Indeed, some of these instruments have already been disciplined by the Italian legislator. In particular: bequests to heirs or successors, and the will executor. Furthermore, we could take advantage of principles that are not specifically regulated by the Italian Civil Code, but that are still considered valid and effective by the authors (for example: mandatum post mortem exequendum).
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