Riassunto analitico
La sentenza con la quale è dichiarato il fallimento dell’imprenditore commerciale, oltre ad avere natura dichiarativa, poiché accerta la sussistenza dello stato di insolvenza e la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni, ha natura costitutiva, in quanto genera, dalla sua data, una serie di effetti giuridici in differenti direzioni, disciplinati dal capo III della Legge Fallimentare. Innanzitutto essa produce effetti nei confronti delle parti, individuabili, da una parte, nel soggetto fallito (o debitore) e, dall’altra parte, nella massa dei creditori. Tali effetti, nello specifico, sono regolamentati rispettivamente nella sezione II e nella sezione III del predetto capo. Gli effetti che si producono in capo al soggetto fallito sono di natura patrimoniale e di natura personale, volti, questi ultimi, ad una fluida gestione della procedura da parte del curatore. In ambito patrimoniale, l’effetto più rilevante è senza dubbio lo spossessamento, in quanto, a far data dal deposito della sentenza nella cancelleria fallimentare, il fallito perde il diritto di amministrare e disporre del proprio patrimonio. Dirette conseguenze di tale spossessamento sono ravvisabili nella cristallizzazione del patrimonio fallimentare e nella perdita, ad opera dell’art. 42 L.F., della legittimazione processuale, sia attiva sia passiva. In secondo luogo, essa produce effetti per la massa dei creditori, disciplinati ad opera di specifiche norme destinate ad operare in momenti distinti della procedura. Trovano così immediatamente applicazione il divieto di porre in essere azioni esecutive e l’apertura del concorso, secondo la cui norma regolatrice (art. 52 L.F.) “i creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione”. Successivamente, in fase di accertamento del passivo, si applicano gli articoli da 55 a 63 L.F., necessari per la determinazione del credito nella sfera concorsuale. I più argomentati e, per questo dibattuti, riguardano: - la sospensione del decorso degli interessi sui crediti di natura chirografaria (art. 55 L.F.); - la possibilità di compensare un credito e un contro-credito nei confronti della medesima controparte preesistenti alla data della dichiarazione di fallimento (art. 56 L.F.). Ancora, la sentenza di fallimento produce effetti sugli atti pregiudizievoli ai creditori. Infatti in presenza di una situazione di dissesto, frutto di un processo ampio e duraturo, il debitore può essere indotto a compiere atti di disposizione del patrimonio che, una volta ufficializzato il dissesto (con la declaratoria fallimentare), possono essere soggetti alla c.d. revocatoria fallimentare, volta a rendere tali atti inefficaci, proprio in ragione dell’insufficienza di patrimonio tipica dello stato di decozione. Da ultimo, anche i rapporti giuridici pendenti subiscono gli effetti della declaratoria fallimentare, ciò in quanto tale disciplina risulta fondamentale nei casi in cui il valore del patrimonio aziendale non sia riconducibile ai beni di proprietà del fallito, quanto piuttosto a beni utilizzati in forza di rapporti contrattuali o al complesso aziendale nella sua organizzazione unitaria. La legge fallimentare, per tali rapporti, rimette al curatore la scelta di proseguire o meno nel contratto (perfezionato in data antecedente al fallimento ma non ancora compiutamente eseguito da entrambe le parti). Al fine di permettere al curatore di valutare la soluzione più proficua ai fini della liquidazione dell’attivo, il Legislatore ha previsto un periodo di sospensione dell’esecuzione di tali tipologie di contratto.
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