Riassunto analitico
Il presente progetto di tesi di laurea magistrale è stato realizzato presso ISTEC-CNR a Faenza (RA) e si pone l’obiettivo di valutare l’effetto dell’impiego di una materia prima seconda, quale uno scarto di vetro inertizzato derivante da fibre artificiali vetrose (FAV), in un impasto per grès porcellanato in uso in ambito ceramico industriale. Il duplice scopo del lavoro, che si inserisce in un’ottica di sostenibilità dei processi industriali, è quello di ridurre lo sfruttamento dei giacimenti di materie prime valorizzando il materiale che costituisce il rifiuto, riciclandolo. La ricerca è stata condotta simulando il ciclo industriale a scala di laboratorio, formulando quattro impasti V0, V3, V6 e V9, rispettivamente con una percentuale di scarto di 0, 3, 6 e 9% in peso (in sostituzione al fondente), in modo da valutare la conseguente variazione dei parametri industriali più importanti. I parametri sono stati valutati sia sui prodotti semilavorati (barbottina, verdi, secchi), sia sui prodotti cotti, osservando le variazioni di densità, ritiro lineare, resistenza a flessione, umidità, assorbimento in acqua e colore. Durante la simulazione a scala di laboratorio del processo industriale, la presenza dello scarto non influenza in alcun modo il processo di formazione dei prodotti e già dalla caratterizzazione dei semi-lavorati (verdi e secchi), è emerso come l’introduzione della materia prima seconda non ne vari in maniera rilevante le proprietà tecnologiche. L’introduzione di questo scarto quindi, entro certi limiti (in questo studio 9%), garantisce il mantenimento delle proprietà richieste ai semilavorati lungo la linea di produzione. Per quanto riguarda il comportamento in cottura, l’introduzione dello scarto vetroso ha permesso l’abbassamento della temperatura di greificazione (temperatura nella quale si ottiene il minimo assorbimento e la massima densità apparente), in particolare per gli impasti V6 e V9, ad una Tmax di 1200°C, rispetto all’impasto benchmark V0, che richiede una Tmax di circa 1240°C. Nonostante un abbassamento di circa 40°C della temperatura massima del ciclo di cottura, i provini contenenti lo scarto mantengono ottimi livelli di densificazione, con densità apparente attorno ai 2.35 g/cm3. Si è comunque notata una tendenza degli impasti contenenti lo scarto a mostrare una bassa stabilità alle alte temperature, per cui la finestra di greificazione tende ad essere piuttosto stretta. L’unico parametro relativo ai prodotti cotti che risulta decisamente modificato è il colore, a seguito dell’elevato tenore di ferro presente nello scarto utilizzato. I campioni presentano infatti un valore di L (luminosità) minore all’aumentare della percentuale di scarto. L’analisi mineralogica dei prodotti cotti, corrispondenti alle caratteristiche tecnologiche di gres porcellanato, ha inoltre permesso di determinare la presenza delle stesse fasi cristalline in tutti gli impasti, anche se presenti in quantità diverse. Soprattutto per quanto riguarda la presenza di plagioclasi residuali degli impasti con scarto, con conseguente diminuzione di fase vetrosa rispetto all’impasto standard. A questa differenza mineralogica corrisponde una diversa tessitura della microstruttura, con l’impasto di riferimento presentante una matrice vetrosa più omogenea, e gli impasti in cui è stato introdotto il materiale vetroso, risultanti più cristallini. I dati ottenuti risultano quindi trasferibili alla realtà industriale e mostrano che il prodotto dell’inertizzazione di fibre di vetro può essere recuperato e utilizzato come materia prima nella produzione di grès porcellanato.
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