Riassunto analitico
L’epilessia del lobo temporale è la forma di epilessia focale più frequente nella popolazione adulta. Eventi scatenanti, quali convulsioni febbrili, traumi, o stato epilettico, si verificano generalmente nell’età infantile, e sono seguiti da una fase latente, in cui non si registrano manifestazioni cliniche. È stato dimostrato che durante la fase latente avvengono modificazioni morfologiche e funzionali che porteranno all’insorgere delle crisi epilettiche spontanee e ricorrenti che caratterizzano la fase cronica. L’insieme delle modificazioni e dei meccanismi che portano alla condizione di epilessia è detto epilettogenesi. Secondo la teoria più classica, l’epilettogenesi si svolge nel periodo tra evento scatenante e la prima crisi spontanea che determina l’inizio dell’epilessia, e corrisponderebbe, quindi, alla fase latente. Studi recenti, tuttavia, hanno dimostrato che il processo epilettogenico non termina con l’insorgere della prima crisi, ma continua anche dopo l’instaurarsi della condizione di epilessia e contribuisce alla progressione della patologia stessa. Secondo questi ultimi studi, quindi, il termine epilettogenesi dovrebbe includere temporalmente anche la fase di evoluzione della patologia. Uno dei modelli più diffusi per studiare l’epilessia del lobo temporale è quello della pilocarpina. La somministrazione per via sistemica di quest’agonista colinergico induce una serie di crisi, prima non convulsive e poi convulsive, che culminano nello stato epilettico. A questa fase acuta segue una fase latente, durante la quale non si registrano crisi epilettiche ma si verificano cambiamenti morfo-funzionali, quali la perdita neuronale, l’attivazione della glia, la proiezione di collaterali aberranti che vanno a modificare i circuiti limbici, e che porteranno poi all’insorgenza di crisi spontanee ricorrenti. Abbiamo condotto registrazioni di video-elettrocorticogramma su ratti adulti da 2 fino a 6 settimane dopo lo stato epilettico indotto da pilocarpina, in modo da valutare se ci fosse un’evoluzione della patologia durante la fase cronica. La gravità delle crisi in ratti trattati con pilocarpina non è variata in modo statisticamente significativo andando dalla seconda alla sesta settimana post-stato epilettico. Nessuna evoluzione si è osservata anche in termini di durata e di frequenza delle crisi elettrografiche, suggerendo che la patologia non evolvesse una volta instaurata. Tuttavia, analizzando in dettaglio i singoli animali, abbiamo notato una sorprendente variabilità da soggetto a soggetto nella frequenza delle crisi, distinguendo anche crisi non convulsive da crisi convulsive. Mentre alcuni animali, in effetti, sono rappresentativi dell’andamento del gruppo, e mantengono inalterata la frequenza e gravità delle crisi nelle settimane successive allo stato epilettico, altri animali mostrano un evidente peggioramento della patologia con crisi più frequenti e più severe, e altri ancora sembrano mostrare un miglioramento della patologia o, a volte, addirittura la totale remissione dalle crisi. Sulla base di queste osservazioni possiamo sostenere l’ipotesi che l’epilettogenesi prosegua anche dopo l’insorgenza della prima crisi epilettica. Tuttavia, i nostri dati suggeriscono l’esistenza di meccanismi protettivi o riparativi che controbilanciano quelli epilettogeni, col risultato che, a seconda di quale delle due componenti prevalga, possiamo trovarci di fronte a situazioni di evoluzione, invarianza o regressione della patologia. Studi futuri dovranno individuare quali sono e come si innescano i meccanismi che vanno in senso contrario all’epilettogenesi, e come queste due componenti interagiscono tra loro e si influenzano a vicenda.
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