Riassunto analitico
L’ internazionalizzazione delle imprese nazionali, in particolare di quelle operanti nel comparto agroalimentare, rappresenta uno degli obiettivi fondamentali di politica economica che l’Italia cerca di perseguire da decenni. L’interesse per questa tematica ha condotto alla stesura della presente tesi, realizzata in prevalenza attraverso la consultazione e la lettura di fonti secondarie, libri e report del settore; le informazioni riguardanti la cooperativa Cantine Riunite & CIV, invece, sono state ottenute grazie ad un’intervista realizzata con il direttore commerciale dell’azienda. Nell’attuale fase evolutiva del comparto agroalimentare italiano, i prodotti tipici sono oggetto di particolare attenzione da parte di una molteplicità di soggetti, perché considerate la parte più “attrattiva e reputata” del sistema. Affiancare ai prodotti una certificazione, ad esempio DOC o IGT, rappresenta una delle principali strategie utilizzate dalle aziende per competere sui mercati internazionali, distintive della qualità del prodotto a cui si riferiscono. Il marchio DOP/DOC fornisce una maggiore visibilità al prodotto offerto sul mercato e un grado più elevato di tutela al produttore, che può così cercare di inserirsi in un contesto di filiera garantita. Molte imprese vinicole italiane si sono distinte, negli ultimi anni, per aver conseguito risultati importanti che hanno conferito all’Italia stessa una posizione di preminenza sulla scena mondiale in termini di produzione e commercializzazione di prodotti agroalimentari tipici. I prodotti tipici sono proposti sul mercato mondiale soprattutto tramite il canale della GDO e all’intermediazione di figure competenti, come le società di importazione e gli export manager. Circa il 65% delle quantità esportate sono distribuite nei paesi dell’Unione Europea; anche se, nel corso degli ultimi anni, a seguito del fenomeno della globalizzazione, sui mercati internazionali si sono affermati nuovi competitor come Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa e Cile. In Italia, le regioni con il più alto tasso di produzione e consumo vinicolo sono quelle del Nord. Nel 2007, grazie alle esportazioni regionali di vino confezionato, l’Emilia Romagna ha venduto vino sui mercati esteri per un valore di oltre 230 milioni di euro, in crescita del 25% rispetto al 2000. Dal 2008 al 2012 si è assistiti, invece, ad una flessione, seppur non così significativa, della produzione di vino rosso e bianco della regione. Il lavoro si chiude con l’analisi dei profili di tre diverse aziende “leader” del settore vinicolo in Italia: la divisione vini del Gruppo Campari, la cooperativa Cantine Riunite & CIV, ed infine l’azienda toscana Marchesi Antinori. Il Gruppo Campari leader nel mercato italiano e brasiliano, con posizioni importanti negli Stati Uniti e in Germania, è “detentore” di un portafoglio marchi di oltre 40 brand nel settore degli spirit, dei vini e delle soft drinks. Cantine Riunite & CIV è un’azienda specializzata nella produzione di vini frizzanti e spumanti. Opera sul territorio statunitense grazie alla società di importazioni, Banfi; ed esporta nel Regno Unito, in Francia, in Germania e in Messico. Antinori, invece, nota in tutto il mondo per il prestigio dei suoi vini, potrebbe definirsi un’impresa “transnazionale”, operando, principalmente come capo-holding all’interno del proprio gruppo e presentandosi sui mercati stranieri, in prevalenza, con operazioni di joint - ventures che le forniscono vantaggi di tipo fiscale e benefici extra-gestionali, notorietà e reputazione. Essere presenti in maniera sempre maggiore sui mercati stranieri, rispondere alle esigenze di questi come a quelle del proprio mercato nazionale è la nuova sfida cui sono sottoposte le aziende italiane nel prossimo futuro.
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