Riassunto analitico
Il presente elaborato propone un'analisi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, alla luce degli interventi legislativi avvenuti recentemente, i quali hanno contribuito a riformare in modo radicale l'istituto in esame. Lo stesso viene definito nella seconda parte dell'art. 3, legge n. 604/1966, come il licenziamento determinato da “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa.” Come risulterà sin dall'inizio della trattazione, la genericità di detta formulazione porta l’interprete a svolgere un’opera interpretativa complessa, nella costante ricerca di un punto di equilibrio tra la libertà di iniziativa economica privata (art. 41, comma 1, Cost.) e l'utilità sociale, la libertà e la dignità umana (art. 41, comma 2, Cost.). La contrapposizione tra le esigenze dell’impresa e gli interessi del prestatore d’opera, in tale fattispecie di recesso, assume connotati alquanto particolari. Ciò risulta confermato dalle critiche ed interpretazioni, inerenti le limitazioni al potere datoriale che, sin dalla sua entrata in vigore,hanno interessato la l. n. 604/1966, e che costituiranno il filo conduttore nella trattazione di tutto l'elaborato. In primo luogo si procederà alla disamina delle varie fattispecie riconducibili al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, integrate dalla costante opera giurisprudenziale, la quale ha assunto un ruolo primario nella definizione dei presupposti di legittimità del licenziamento riconducibile alla causale di cui alla seconda parte dell’art. 3 della legge n. 604 del 1966. La stessa attività della giurisprudenza ha condotto il legislatore ad una crescente diffidenza verso un giudice ritenuto “colpevole” di esprimere giudizi di valore, in relazione alle scelte gestionali del datore di lavoro. Come si vedrà nel secondo capitolo della presente trattazione, tale contrasto è alla base dei molteplici interventi legislativi volti a limitare la discrezionalità dell’autorità giudiziaria, anche attraverso l’introduzione di istituti deflativi del giudizio, incentivati dallo stesso legislatore. Si analizzeranno, pertanto, la procedura preventiva di conciliazione, disciplinata dall’art. 7, legge n. 604/1966, come modificato dall'art. 1, comma 40, l. n. 92/2012 e l'offerta di conciliazione, disciplinata dall'art. 6 del d.lgs. n. 23/2015. Gli aspetti più rilevanti delle riforme, però, hanno riguardato l’apparato sanzionatorio applicabile ai licenziamenti “per ragioni economiche” dichiarati illegittimi. Nell’ultimo capitolo si procederà, pertanto, all’esame del complessivo alleggerimento sanzionatorio, apportato dalla c.d. riforma Fornero e dal Jobs act. Alla luce di tali interventi legislativi, la visione del licenziamento quale ultima ratio, sviluppatasi con lo Statuto dei Lavoratori ed improntata su un sistema di property rule, risulta sostituita da un sistema connotato da interventi volti a favorire la flessibilità in uscita del prestatore non più funzionale alle esigenze dell’impresa. Ciò che verrà esaminato, pertanto, è un istituto profondamente mutato rispetto al passato, non solo sotto il profilo sanzionatorio. La comparazione tra la nuova configurazione del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, e quella antecedente all'entrata in vigore delle recenti riforme del mercato del lavoro, darà luogo alle osservazioni finali, incentrate sull'analisi degli aspetti critici e controversi delle modifiche apportate.
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