Riassunto analitico
Il presente lavoro vuole approfondire, confrontando la giurisprudenza più recente della Cassazione, quale sia la direzione, dalla stessa intrapresa, per accertare il nesso causale in tema di malattie professionali causate dall’amianto. Dagli inizi del 1900 fino al 1992, anno in cui tale sostanza è stata dismessa, le industrie, le imprese edili, i cantieri navali e tanti altri luoghi di lavoro hanno utilizzato smodatamente l’asbesto ed causando gravi affezioni tumorali nei lavoratori esposti. È necessario premettere che il tema in questione è molto dibattuto, poiché da una parte gli imprenditori sostenevano di non essere a conoscenza della nocività di tale sostanza, mentre dall’altra alcuni medici e scienziati dichiaravano di aver prodotto documentazione a sufficienza perché i datori di lavoro si convincessero a cessarne l’impiego. Un’ulteriore problematica riguarda il mesotelioma pleurico, che è una delle malattie causate dall’inalazione delle fibre del pericoloso minerale. È infatti ancora una questione irrisolta, se la causa di tale affezione sia originata dall’inalazione di un’unica dose della sostanza nociva (c.d. teoria della trigger dose) o se sia causata da una successione di dosi inalate e stratificate nei polmoni(cd. dose dipendente), seppur la giurisprudenza avvalori la seconda. Stabilire quale sia la teoria esatta è fondamentale, perché serve verificare il momento di insorgenza della malattia. Se quest’ultimo non è individuabile, sarà impossibile attribuire la responsabilità ai soggetti che non predisposero le cautele necessarie per tutelare i lavoratori, poiché non si potrà mai capire se la patologia sia stata originata da una singola dose, inalata in un momento qualsiasi della vita della vittima, o se invece sia possibile attribuire tale affezione alla prolungata esposizione dovuta alla professione del prestatore di lavoro. Le S.U. si sono pronunciate nel 2002, con la sentenza Franzese, per affermare che non è possibile condannare un soggetto che abbia colposamente aumentato il rischio di verificazione dell’evento, se prima non si svolge un indagine nel caso concreto, che accerti tale responsabilità secondo il criterio dell’elevata probabilità logica. Nella realtà in cui viviamo è infatti difficile poter ricorrere a leggi scientifiche certe, mentre è più comune servirsi di leggi statistiche, che possono essere utilizzate dal diritto. Esso richiede certezza nei propri giudizi e si serve del criterio dell’elevata probabilità logica per fondare le proprie pronunce. Nel 2010 è intervenuta la sentenza Cozzini della IV Sezione penale della Cassazione, che ha approfondito ulteriormente il tema. Essa ha di nuovo affermato i principi della sentenza Franzese, relativi al all’aumento del rischio e alla probabilità logica (derivante da legge statistica)per verificare il nesso di causalità nel caso concreto. Infine ha posto nuovi specifici criteri per verificare la causalità generale e quella individuale, potendo perciò affermare la responsabilità del soggetto agente con la certezza che va al di là del ragionevole dubbio. Analizzando le sentenze della Cassazione, successive alla sentenza Cozzini, mi sono accorta che è in corso un dibattito nella Sezione Quarta , che concerne l’applicazione o meno del modello Cozzini. Successivamente ho notato che la parte della giurisprudenza aderente al modello prospettato dalla Cozzini è pervenuta in tutti i casi a sentenze assolutorie, mentre l’altra parte, che invece non l’ha adottato, ha posto in essere molte condanne. Se il modello Cozzini va acquisendo, come sembra, sempre più consensi nella Sezione Quarta, probabilmente la Pubblica Accusa dovrà trovare fattispecie di tipo diverso per incriminare i responsabili degli eventi lesivi verificatisi in tema di amianto.
|