Riassunto analitico
Il presente lavoro è articolato in tre macrocapitoli, all’interno dei quali prende forma l’ambizione di trovare una legittimazione del diritto penale europeo, in relazione a quella sua dimensione autonoma e del tutto peculiare rappresentata dalla competenza ad adottare norme penali poste a tutela degli interessi finanziari dell’Unione. Il diritto penale europeo è un sistema tuttora in costruzione e dai contorni indefiniti. Le difficoltà che hanno impedito per lungo tempo di parlare di una competenza penale dell’Unione Europea, derivavano dalla volontà degli Stati membri di custodire gelosamente la propria sovranità in questo ambito del diritto. I primi passi avanti nella formazione di questo sistema penale sovranazionale, sono stati fatti proprio in relazione alla tutela degli interessi finanziari europei, considerati come beni essenziali per la sopravvivenza dell’Unione stessa. Gran parte dei meriti sono da attribuire sia alla giurisprudenza della Corte di Giustizia che alla dottrina, entrambe lungimiranti nell’anticipare soluzioni che sono state successivamente recepite all’interno del Trattato di Lisbona: fondamentale è l’esame della sentenza del c.d. mais greco, in cui gli interessi finanziari europei sono stati elevati al rango di beni giuridici da tutelare anche penalmente, e in cui sono stati formulati i principi di assimilazione e proporzionalità sanzionatori, recepiti poi all’interno dell’art. 325 TFUE (cap. 1); imprescindibile è l’analisi dell’ambizioso progetto rappresentato dal Corpus Juris, un sistema di diritto penale comune sostanziale e processuale, che avrebbe dovuto inaugurare, secondo le aspirazioni dei suoi redattori, una nuova strada per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione (cap. 2). In seguito ad una storia evolutiva complessa e problematica, l’Unione Europea si è infine dotata di un assetto di competenze penali tra cui spicca lo specifico settore di intervento posto a tutela di quegli interessi per essa esistenziali, basato sul combinato disposto dell’art.86 e 325 TFUE. La competenza penale assai discussa che ne deriva, si esplica mediante lo strumento del regolamento, il più idoneo a garantire una protezione efficace ed equivalente di questi interessi nei vari Stati membri. La configurazione di una tale potestà normativa diretta ha fatto emergere delle perplessità da più parti, per quanto riguarda segnatamente potenziali frizioni col principio di legalità. Si ritiene che la questione debba affrontarsi abbandonando una prospettiva nazionale, e adottando piuttosto uno sguardo europeo: se il grande problema del diritto penale dell’Unione è quello dei suoi limiti e della sua legittimità, in questo senso è significativo il progetto portato avanti dal gruppo di studiosi, riuniti sotto il nome di European Criminal Policy Initiative, che con il suo “Manifesto”, ha delineato un assetto di principi autenticamente europei (cap. 3). È alla luce di questi soli principi che si può valutare la legittimità di un intervento penale europeo, specie nell’ambito della lotta contro la frode all’Unione Europea, caratterizzato da strumenti di protezione particolarmente incisivi, quali sono, appunto, i regolamenti. La presente trattazione è tesa a una panoramica non solo dei progressi compiuti nella creazione di un diritto penale europeo posto a tutela degli interessi finanziari dell’Unione, ma anche delle sue prospettive future, soprattutto alla luce dei progetti normativi tuttora in discussione, segnatamente la direttiva PIF del 2012 e il regolamento EPPO del 2013. Il quadro è ancora in divenire, non senza profili di criticità, ma i punti fermi proposti dal presente lavoro potranno costituire la base per lo sviluppo di una legittima e coerente politica criminale europea antifrode.
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Abstract
This paper has the ambition to demonstrate the validity of European Criminal Law, in relation to its specific dimension represented by the criminal protection of the EU’s financial interests.
Traditionally, the protection of these interests at the criminal level had been entrusted entirely to Member States, as they have always been very protective towards their sovereignty, especially in the branch of criminal law.
The greatest achievements concerning this topic are firstly linked to the innovative judgment of the European Court of Justice in 1989, concerning the necessity of a criminal reaction against PIF offences. Moreover, the doctrinal project named as Corpus Juris, aimed to create a common criminal law, made of both substantive and procedural criminal rules, which aimed at protecting the European financial interests. Thanks to these actions and many others, such fundamental interests, which are essential for the survival of the Union itself, finally received the criminal protection they needed, under articles 86 and 325 of the TFEU. According to the Treaty of Lisbon, the EU can now use regulations in order to ensure an equal criminal protection of its financial interests in each Member State.
This competence arose some doubts, concerning its compliance with fundamental rights, such as the principle of legality. A substantial analysis of this disapproval is the one carried out by the European Criminal Policy Initiative: it’s a group of experts who wrote a Manifesto of European principles which have to be taken into consideration when talking about European Criminal Law. So the legitimacy of the competence provided by articles 86 and 325 of the TFEU can be demonstrated only when the European legislator exercises it in compliance with these principles.
In conclusion, this paper focused on the many important steps that have been taken in building up a criminal legislative competence for the EU, but still many projects can be carried out, starting from the creation of a European Public Prosecutor Office, in order to protect the Union against offences which affect its financial interests.
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