Riassunto analitico
Questo studio multicentrico, osservazionale, retrospettivo, mira ad identificare la frequenza, le caratteristiche, le conseguenze e i fattori scatenati la violenza sugli infermieri italiani sul posto di lavoro, sul territorio reggiano. La violenza sul posto di lavoro (WPV) è un fenomeno in crescita sia a livello nazionale che internazionale. La NIOSH nel 2015 definisce tale problematica come “qualsiasi aggressione fisica, tentativo di aggressione, comportamento minaccioso o abuso verbale che si verifica nel posto di lavoro”. La FNOPI registra che 240 mila infermieri su 270mila durante la loro attività lavorativa ha subito almeno una violenza. I dati a livello internazionale, come nazionale, sono preoccupanti. Secondo un’ indagine dell’università di Tor Vergata ogni anno circa 5000 infermieri subiscono violenza.Gli operatori sanitari sono 16 volte più a rischio di subire WPV degli altri lavoratori, si possono considerare 14 infortuni ogni 10.000 sanitari / anno contro i 4 su 10.000/anno degli altri settori. I reparti che tradizionalmente sono più esposti a violenza sono le psichiatrie e i reparti di emergenza urgenza ( DEU). Una ricerca su quasi 1000 infermieri ha mostrato che più dell’80% dei casi è avvenuto in psichiatria rispetto ad altri reparti. Anche per altri ambienti però il fenomeno non è da sottovalutare, secondo uno studio di Modena il 67% dei rispondenti ha subito violenza negli ultimi 3 anni in reparti di chirurgia , medicina.Le manifestazioni di tale violenza possono essere verbali ( più frequentemente), insulti, minacce, o violenza fisica. Fattori scatenanti possono essere suddivisi in: legati all’infermiere (durante attività di dimissione o comunicazione con il pz), al paziente ( uso di alcool o droghe, ansia o paura, delirium) o all’organizzazione/reparto ( lunghe attese). Le conseguenze possono esser psicologiche, come il PTSD, ansia, paura, rabbia, vergogna, oppure organizzative come la diminuzione della produttività e abbandono della professione. A causa degli infortuni e conseguenti assenze, legati ad una WPV dal 2012-2015 è stata necessaria una spesa pari a 64.000 euro. Altro aspetto da sottolineare è il fenomeno dell’underreporting; questo è pericoloso sia perché impedisce di avere un quadro preciso del fenomeno violenza, sia perché risulta complesso intervenire con strategie correttive. Le cause sono molteplici: l’operatore crede che sia parte del lavoro, la paura di ripercussioni legate al report, la non conoscenza della procedura di report, la percezione di inutilità nel riportare questi eventi. Le strategie che possono scaturire dal giusto report e analisi dei dati derivanti da esso possono essere molteplici, l’educazione e formazione specifica al personale, l’utilizzo di barriere architettoniche e interventi organizzative ( impiego di guardie o telecamere ), sensibilizzazione della popolazione. LO studio ha come centro principale l’Università di Genova, l’università di Modena e Reggio è uno dei centri sperimentatori.In collaborazione con l’AUSL-IRCCS di Reggio Emilia è stato possibile raggiungere tutti gli infermieri im piegati sul territorio appartenenti all’ente. Sono stati coinvolti tutti i RID e i Coordinatori della provincia, attraverso un incontro on-line è stato spiegato il progetto che prevede la somministrazione del questionario VENT (Violence in Emengency Nursing and Triage), che verrà validato anche per i reparti non di emergenza, ed un questionario che prevede la raccolta di dati sullo staffing e il reparto di appartenenza. È stato chiesto a queste figure di inviare indicazioni e chiarimenti, che poi sono stati raccolti in una istruzione operativa che insieme al link per la compilazione di questo questionario è stato inviato a tutti gli infermieri. questo modo è stato possibile raggiungere in modo capillare professionisti, raccogliendo un quadro puntuale e preciso del fenomeno (75 domande).
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