Riassunto analitico
L’espressione resilienza ha avuto un aumento considerevole, di interesse, negli ultimi decenni. Essa viene ricondotta a terminologie che vengono utilizzate in diversi ambiti di ricerca. Ciò viene giustificato dal fatto che, come afferma Linneleucke (2017) le definizioni di resilienza dipendano dal contesto entro il quale le si studia. Nello specifico, il primo capitolo del seguente elaborato, tratterà della resilienza d’impresa definita da uno dei due pionieri del termine, Meyer (1982), come “the outcome of organizations undergoing first-order change and single-loop learning. Resiliency occurs when responses create negative feedback loops that absorb jolts’ impacts and loosen couplings between organizational and their environment”. Nel corso degli anni la definizione di resilienza d’impresa ha subito numerosi cambiamenti, molti studiosi la definirono come un concetto dinamico, di adattamento, altri come un’abilità dell’impresa, altri ancora come la capacità di saper sfruttare una minaccia. Il concetto, però, che ogni singolo studioso condivide è che vi sia una risposta ad un evento esterno. Per poter esaminare, più dettagliatamente, il concetto di resilienza d’impresa si cercherà, nel secondo capitolo, di analizzare il fenomeno del disaster management nel mondo. In particolare si studieranno le aree geografiche maggiormente colpite dai disastri e si indagherà sulla capacità di questi territori di gestire l’imminente minaccia. Esistono numerose domande riguardanti la gestione della minaccia, alle quali, tutt’ora, non è stata data ancora risposta. Tuttavia, ad oggi, conosciamo diversi metodi di prevenzione della stessa; non solo, nel 2008, grazie a Carter (2008) è stato individuato il ciclo per la gestione delle catastrofi. Il terzo capitolo dell’elaborato sarà dedicato, alle risorse, capacità e competenze che le imprese attuano per far fronte alla criticità. Più precisamente, si parlerà delle cosiddette dynamic capabilities. Anche in questo caso, proprio come il termine resilienza, le definizioni inerenti le dynamic capabilities sono spesso poco chiare, confuse e non omogenee. Secondo Teece at al. (1997) le capacità dinamiche vengono definite come “The firm’s ability to integrate, build, and reconfigure internal and external competences to address rapidly changing environments”. La letteratura sulle capacità dinamiche divide gli studiosi in due fazioni: chi pensa che le capacità dinamiche possano creare un vantaggio competitivo in modo diretto e chi sostiene, invece, che esse siano collegate indirettamente alle performance aziendali. Sono stati compiuti diversi sforzi per comprendere le dynamic capabilities al punto che sono state costruite anche delle scale di misurazione di queste capacità. Ad oggi queste scale di misurazione sono ancora molto poche e solo in pochi casi vengono effettivamente sperimentate nella realtà. Sappiamo, però, che Teence nel 2017 individua tre DC fondamentali: sensing, seizing e transforming; che creeranno così una base per lo sviluppo di scale future. Nel 2017, infatti, Sansone et al. (2017), sulla base della scala di Teence, elabora un altro modello adattandolo alle grocery operanti nel settore distributivo italiano. Il quarto capitolo, ed ultimo, descrive l’indagine quantitativa svolta su un campione di aziende manifatturiere colpite dal sisma del 2012 in Emilia. In questo capitolo si cerca di mettere in evidenza tutto quello che è stato detto nei capitoli precedenti, trasportandolo su una realtà a noi vicina. L’obiettivo dell’indagine quantitativa è quella di valutare il grado di resilienza di queste imprese e le risorse e competenze attivate per affrontare questo evento critico. A tal proposito, oggetto d’indagine è un questionario strutturato. Infine, si analizzeranno i dati raccolti tramite il questionario e i dati estrapolati dalla Banca Dati di AIDA.
|