Riassunto analitico
Il codice di procedura penale del 1988 ha adottato un modello processuale di stampo accusatorio. Tale scelta è stata avallata anche dalla riforma dell’art. 111 Cost., infatti la l. cost. n. 2 del 1999 ha cristallizzato la regola per cui l’assunzione dei mezzi di prova deve avvenire nel contraddittorio delle parti. Ne consegue pertanto che, garantita la presenza del giudice e delle parti, il momento formativo della prova trova la sua naturale collocazione nella fase dibattimentale. Ad ogni modo può accadere che insorgano, nel corso delle indagini preliminari ovvero oltre la scadenza dei termini della predetta fase, nonché nell’udienza preliminare (così come previsto dalla Corte costituzionale con la sent. n. 77 del 1994), particolari ragioni di indifferibilità o urgenza. In tali situazioni, il legislatore ha attribuito ai principali attori del procedimento, che ne ravvisino la necessità, la possibilità di ricorrere a un peculiare strumento anticipatorio di formazione della prova. Nello specifico tali esigenze vengono soddisfatte dall’istituto processuale disciplinato nel titolo VII del libro V del codice di rito definito “incidente probatorio”. La disciplina dell’incidente probatorio ruota intorno al concetto di indifferibilità della prova, sul punto il legislatore ha tipizzato nell’art. 392 c.p.p. i requisiti che caratterizzano l’atto non rinviabile al dibattimento così come formulato nella legge delega. A riguardo si è intervenuti con una enucleazione di specifiche e tassative ipotesi dirette a soddisfare la prescrizione del legislatore delegante, scongiurando così il pericolo che l’uso dell’istituto potesse esorbitare dal suo carattere di eccezionalità. L’incidente probatorio ha subito dalla sua nascita ai nostri giorni, o da parte del legislatore o a seguito degli interventi della Consulta nonché della giurisprudenza sovranazionale, delle modifiche significative che lo hanno trasformato da parentesi eccezionale della fase investigativa volta a soddisfare una esigenza di non rinviabilità alla fase dibattimentale a strumento di formazione anticipata delle prove diretto a realizzare interessi di natura extrprocessuale. Infatti la svolta è iniziata con alcuni interventi legislativi diretti a consentire un accesso facilitato all’istituto sulla base della semplice rilevanza di una certa prova in ordine al thema probandum, senza anteporre la necessità di provare anche il periculum in mora. Il primo intervento in tal senso è rappresentato dall’inserimento del comma 1-bis nel corpo dell’art. 392 c.p.p. da parte della l. n. 66/96, lo scopo della modifica è quello di soddisfare interessi non solo processuali come la genuinità della prova ma anche scopi estranei al processo, ad esempio scongiurare una vittimizzazione secondaria dei soggetti deboli, inizialmente erano i minori vittime di reati attinenti alla sfera sessuale. Nella stessa direzione si è posta anche la l. 267/97 che sgancia da qualsiasi presupposto di indifferibilità, la richiesta di assumere mediante incidente probatorio l’esame dell’indagato su fatti concernenti la responsabilità di altri ovvero l’esame delle persone indicate all’art. 210 c.p.p. data la particolare condizione in cui versano i soggetti in questione. Infine sulla stessa scia dei citati interventi si pone l’introduzione dell’art. 391-bis c.p.p. da parte della l. n. 397/00, la legge sulle investigazioni difensive, ove all’ultimo comma consente al difensore di chiedere che si proceda mediante le forme dell’incidente probatorio per l’assunzione della testimonianza o dell’esame della persona che si sia avvalsa della facoltà di non rispondere innanzi al difensore, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1 dell’art. 392 c.p.p.; in altri termini indipendentemente dal presupposto di non rinviabilità che soggiace alla ratio originaria dell’istituto.
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