Riassunto analitico
Con il presente elaborato viene analizzato criticamente il populismo penale, fenomeno in rilevante ascesa negli ultimi anni in Italia e nel Mondo. Vengono esplicitati i suoi caratteri fondanti, partendo dalla fenomenologia politica e arrivando ad analizzare l’influenza del populismo nella realtà penalistica. Una delle caratteristiche dominanti nel panorama penal-populista risulta essere quella di basare le scelte legislative sui condizionamenti della comunità-popolo, tralasciando il merito oggettivo e giuridico della questione. Si affronta il tema dell’irrazionalità del diritto penale in chiave populista, approfondendo anche la vicenda della ricerca spasmodica di sicurezza collettiva tramite la certezza della pena. Quest’ultima, intesa in modo ben diverso rispetto al significato illuministico a lei proprio, finisce per essere uno slogan dietro cui nascondere il concetto della “certezza della massima severità”: inasprimenti sanzionatori, soppressione degli strumenti deflattivi, degli sconti di pena e delle misure alternative alla detenzione. La pena svolge una funzione ben precisa: neutralizzare il criminale mediante il carcere e vendicarsi del reo attraverso una sanzione che gli provochi la massima sofferenza. Vengono citate alcune applicazioni pratiche del populismo nella legislazione italiana e, tra esse, spicca la recente modifica populista della prescrizione, finalizzata ad assecondare la convinzione popolare dell’ingiustizia di questo istituto. Altro caso rilevante di novella populista che viene evidenziata è quella in merito alla legittima difesa domiciliare, realizzata partendo dallo slogan “la difesa è sempre legittima”. A chiudere le esemplificazioni vi è anche la menzione della riforma in materia di omicidio stradale, la quale crea un modello sanzionatorio rigidissimo con lo scopo di intimorire i consociati e assecondare le richieste popolari di sicurezza.
In seguito, vengono analizzati alcuni istituti del diritto penale liberale e garantista, atti ad essere un antidoto al populismo penale, sui quali è basato, o dovrebbe essere basato, il nostro ordinamento penale. Partendo dal principio di legalità, inteso sia come mera che come stretta legalità, si argomenta in merito alla necessaria proporzionalità delle pene rispetto al reato e al divieto di strumentalizzare il reo per la necessità della prevenzione generale. A proposito di questi temi, si intende favorire un avvicinamento ad un sistema di diritto penale minimo tramite la disamina delle varie funzioni della pena atte a rendere ingiustificate le sanzioni sproporzionate. Vi è inoltre una spiegazione, come contro-altare rispetto al pensiero populista, della finalità rieducativa della pena prevista dalla Costituzione e, anche, della necessità delle misure alternative alla detenzione, data la loro fondamentale utilità nell’evitare gli effetti desocializzanti della reclusione carceraria.
Nell’elaborato viene inoltre presentato un elemento fondamentale del diritto penale liberale ovvero la concezione della normativa penalistica come extrema ratio. In questo si differenziano il garantismo e liberalismo, identificabili come approcci simili ma non concettualmente sovrapponibili perché il perimetro liberale appare più ampio. Per la concezione liberale, nel nostro ordinamento, dovrebbero esservi meno previsioni normative di reato. Essa sostiene la necessità che vi sia l’utilizzo del diritto penale solo per il perseguimento di limitati comportamenti e che si lasci alla normazione extra-penalistica la regolamentazione dei fatti meno rilevanti. Sotto quest’ottica, viene richiesta una massiccia depenalizzazione dei reati, partendo dalla consapevolezza che il diritto penale sia ormai troppo esteso e permeante. Un corollario di questo principio risulta essere quello della necessaria offensività di valori costituzionalmente significativi per la legittimità della fattispecie astratta.
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