Riassunto analitico
Indagare il pensiero di Goethe sulla religione significa intraprendere un itinerario che, come un filo sottile, attraversa l’esperienza biografica e poetica dell’autore portando alla luce la complessità e la continuità che la caratterizzano. Infatti, dalla giovinezza trascorsa a Francoforte sotto l’influenza della rigida ortodossia protestante del padre fino ad arrivare al 1808, anno di pubblicazione della prima parte del Faust, Goethe si allontana progressivamente da una concezione convenzionale del concetto di “religione” per ricercare invece una propria e autentica dimensione spirituale, la sua Privatreligion, la quale diventa quel filo conduttore capace di cucire insieme fasi e opere anche apparentemente contraddittorie e inconciliabili. Quel “Gefühl ist alles” con cui Faust risponde alla cosiddetta Gretchenfrage, punto centrale del Faust I in cui Goethe inscrive in realtà una personale confessione di fede, è allora comprensibile e correttamente interpretabile soltanto alla luce dell’evoluzione della spiritualità dell’autore stesso che, a partire dal rifiuto del protestantesimo imposto dal padre, inizia un processo di “interiorizzazione” del concetto del divino che viene rafforzato soprattutto durante la sua breve adesione al pietismo e poi portato all’estremo durante la fase dello Sturm und Drang. Ma il vero punto di svolta della spiritualità goethiana e chiave d’accesso a una corretta interpretazione di gran parte delle opere dell’autore è il pensiero di Spinoza, l’”ateo virtuoso” che attraverso il suo panteismo propone una visione razionale e immanente della divinità con la quale Goethe si libera dal soggettivismo della sua fase stürmeriana e accede al suo periodo classico. Infatti, durante gli anni trascorsi tra Weimar e l’Italia Goethe matura una religiosità molto particolare, che sfumando tra considerazioni estetiche e osservazioni scientifiche arriva poi a confluire nell’ipotesi del fenomeno originario, dove arte, scienza e pensiero filosofico si condensano in una unica idea che custodisce in realtà il cuore pulsante della sua nuova “fede”. Allora, soltanto tenendo in considerazione la complessità e la rigorosa consequenzialità di queste varie fasi è possibile comprendere come l’evoluzione della spiritualità goethiana sia un vero e proprio itinerario biografico e poetico che si snoda al di là di ogni convenzione sociale per andare alla ricerca di una religione personale, laica e umanitaria che può valere tanto per Faust quanto per il lettore contemporaneo capace di cogliere l’eticità senza tempo radicata nell’opera di Goethe.
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Abstract
Eine Untersuchung der Religionsidee Goethes durchzuführen, bedeutet einem feinen Faden zu folgen, der die biographische und poetische Erfahrung des Autors unterschiedslos durchquert und die Komplexität und Kontinuität seines Gedankens zum Vorschein bringt. Tatsächlich beginnt Goethe schon in seiner Jugend, die er in Frankfurt unter dem Einfluss der strengen Orthodoxie seines Vaters verbringt, bis zum Jahr 1808, als Faust. Die Tragödie erster Teil veröffentlicht wird, eine progressive Entfernung von einer konventionellen Auffassung des Religionsbegriffes, um eine persönliche und echte Dimension der Spiritualität – seine Privatreligion – zu suchen. Genau diese Idee ist der Leitfaden, der widersprüchliche und fast unvereinbare Phasen und Werke verbinden kann.
Fausts Antwort „Gefühl ist alles“ zu der sogenannten Gretchenfrage, die der Kernpunkt des Faust I ist und sich in Wirklichkeit auch als eine persönliche Glaubenserklärung des Autors lesen läßt, kann nur verstanden und richtig interpretiert werden im Lichte der Entwicklung der Spiritualität Goethes. Mit der Ablehnung des Protestantismus seines Vaters beginnt Goethe nämlich einen Prozess der „Verinnerlichung“ des Gottesbegriffes, der vor allem während seiner kurzen pietistischen Phase verstärkt wird und während der Sturm und Drang-Periode radikalisiert wird. Aber der wahre Wendepunkt der Spiritualität des Autors und der Zugangsschlüssel zu einer richtigen Interpretation des größten Teils seiner Werke ist der Gedanke Spinozas, der „tugendhafte Atheist“, der mit seinem Pantheismus eine rationale und immanente Anschauung der Gottheit vorbringt, mit der Goethe sich von dem Subjektivismus des Sturm und Drang befreit und seinen Klassizismus gründet. In der Tat, während der Jahre, die Goethe zwischen Weimar und Italien verbringt, entwickelt er eine außerordentliche Religiosität, die sich zwischen künstlichen Betrachtungen und naturwissenschaftlichen Beobachtungen auflöst und in der Hypothese des Urphänomens zusammentrifft, wo Kunst, Naturwissenschaft und Philosophie an einer einzelnen Idee zusammenlaufen, die das schlagende Herz des neuen „Glaubens“ Goethes bewacht.
Daher kann man nur mit einer ständigen Betrachtung der Komplexität und der genauen Folgerichtigkeit dieser Phasen verstehen, wie die Entwicklung der Spiritualität Goethes einen echten biographischen und poetischen Prozess darstellt, der sich über alle gesellschaftlichen Konventionen schlängelt, um eine persönliche, konfessionslose und humanistische Religion zu suchen, die sowohl für Faust als auch für jene zeitgenössischen Leser, die die zeitlose Ethik des Werks Goethes erkennen, gelten kann.
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