Riassunto analitico
Il fenomeno dei richiedenti asilo in Europa è aumentato notevolmente negli ultimi anni a seguito dei mutamenti geopolitici in Medio Oriente. La politica immigratoria dell'Unione Europea resta invece intrappolata nei sui "rigidismi" burocratici. Questo tipo di approccio alla materia porta inevitabilmente a collisioni con i Diritti Fondamentali dell'individuo il cui rispetto è sancito nelle fonti di rango più elevato dell'ordinamento europeo: la Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione, la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU). La Corte di Strasburgo posta di fronte ad un caso concreto che vede coinvolta una famiglia afghana con sei figli minorenni, decide di innovare ulteriormente il proprio orientamento, innalzando ancora di più l'asticella delle garanzie per i richiedenti asilo. In particolare, quando gli Stati europei decidono di non essere competenti ad esaminare la richiesta d'asilo, prima di disporre il trasferimento nel Paese ritenuto responsabile in base al Regolamento Dublino, devono ottenere delle informazioni dettagliate sulla collocazione e accoglienza dei soggetti, altrimenti lo Stato "respingente" violerebbe l'articolo 3 CEDU, visto che il rischio che la famiglia possa essere trattata in maniera inumana, degradante o comunque non adatta a dei bambini, è reale. Gli Stati, quando decidono di inviare le persone nello Stato ritenuto competente ad esaminare la domanda, sono tenuti a non basarsi più su valutazioni generali del sistema di accoglienza di un Paese, ma a richiedere garanzie individuali sulle modalità di sistemazione dei singoli richiedenti.
|