Riassunto analitico
In un paese come il nostro, capace di esportare quasi esclusivamente fashion, furniture and food culture, la sensorialità assume un ruolo fondamentale nell’esperienza di tutti i giorni ancor prima di diventare una necessità comunicativa. Questo lavoro, partendo da una prospettiva di studi di antropologia culturale e dei sensi, descrive come siano cambiati i profili sensoriali nella società, determinando un’evoluzione della percezione a seconda del contesto storico, antropologico, culturale e biografico. A questa tendenza oggi sembra contrapporsene una nuova che porta con sé il bisogno di dare un peso alle esperienze quotidiane, promuovendo l’idea di multimedialità, di sguardo partecipativo e di sinestesia, assieme a valori come l’emotività, l’empatia e l’eticità. L’intento è quello di dimostrare come la sinestesia non sia solamente un meccanismo retorico, né un fenomeno fisiologico che interessa solo i sinesteti, ma soprattutto un processo cognitivo autonomo proprio di ogni individuo. In questo senso ha origine dall’esperienza corporea che è prima di tutto sociale e propriocettiva nel suo dialogare con il mondo esterno, aprendo le porte alla nozione di embodiment e alla teoria dei Neuroni Specchio. In un universo di senso così strutturato il cibo diventa il principale sistema di modellizzazione culturale facendoci riscoprire l’importanza di un’educazione gastronomica, ma ancor prima passionale, che ribalti l’idea tipica della cultura fast food. Siamo ciò che mangiamo quindi dal momento in cui usiamo l’alimentazione per comunicare attraverso le sue capacità sinestesiche e culturali, assaporandone l’ unità di gusto, che è prima ancora unità di sensi e senso. Così la sinestesia definisce l’importanza di una comunicazione che vada alla ricerca di una sintassi discorsiva capace di far emergere un’atmosfera evocativa, uno spazio isotopico che unisca le diverse percezioni per restituire un’esperienza sinestesica completa. Se il secondo capitolo descrive il percorso generativo delle passioni e delle sensazioni, è proprio con una prospettiva neuronarratologica che il terzo capitolo descrive esempi di esperienze enogastronomiche. Un percorso che, partendo dalla manifestazione del piatto, cerca di trasportare il lettore prima al livello della manipolazione della materia, il discorso dello chef, poi verso la narrazione del gusto, con l’assaggio e la degustazione, fino a condurlo ai valori profondi del senso del testo culinario. Per queste caratteristiche una semplice zuppa, o la comunicazione pubblicitaria di una cioccolata, portano con sé un immenso fenomeno di compressione concettuale, una rete semantica, frutto di un processo di associazione di significati alimentari, sociali, percettivi e intersomatici. Questi meccanismi, studiati in ambito linguistico, ho cercato di spiegare come si trovino anche alla base del processo creativo del gusto. Analizzando la Teoria del Conceptual Blending cerco di dimostrare l’esistenza di relazioni metaforiche tra domini concettuali all’interno della mente che, fondendosi in un Blended Space, innescheranno nuovi significati originati dalle preesistenti conoscenze. L’elemento che mette in relazione blending e sinestesia, sta proprio nella capacità di ogni elemento espressivo, veicolato da una comunicazione e percepito da tutti i sensi contemporaneamente, di trasformarsi in un elemento semantico e quindi concettuale. La coerenza dell’unione di questi due concetti nel costruire un’esperienza enogastronomica completa verrà proposta nell’analisi di alcuni piatti, esperienze creative di chef rivoluzionari, e anche laddove l’ambito alimentare non funga da dominio sorgente (in quanto sostituito da quello visivo) come in pubblicità.
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