Riassunto analitico
La portata “storica” del decreto legislativo in questione, e la sua potenzialità non del tutto ancora espressa, meriterebbero un’apposita trattazione, ma nelle pagine che seguono si è preferito concentrare la nostra attenzione alla parte più “esecutiva e dinamica” del decreto legislativo, a quella relativa alle misure cautelari, cioè alle dirette conseguenze della violazione delle norme di diritto stesse, partendo dalla considerazione che Simon Weil fece quando scrisse che il diritto, essendo legato allo scambio, alla spartizione “si regge soltanto su un tono di rivendicazione; e una volta adottato questo tono, non lontana dietro di lui, c’è la forza per sostenerlo altrimenti cade nel ridicolo” : la forza dunque delle norme di diritto, e del d.lgs. in questione, sta nel relativo apparato sanzionatorio/cautelare. In altri termini, le persone giuridiche sono il vero epicentro della criminalità d’impresa, la quale è la conseguenza non tanto delle scelte operate dalle singole persone fisiche che agiscono per conto dell’ente, quanto di politiche di impresa spregiudicate o di difetti di organizzazione interni alla corporation . Si può passare alla trattazione della vera e propria materia cautelare, partendo dalla genesi delle misure stesse, introdotte per la prima volta nel sistema processuale penale dal codice di rito del 1988 attraverso i mezzi della sospensione dall’esercizio della potestà genitoriale (ex art.288 c.p.p.), della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio (ex art. 289 c.p.p.), e del divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali (ex art. 290 c.p.p.), che tuttavia non hanno suscitato un particolare interesse sotto il profilo dello studio dei meccanismi applicativi, né hanno trovato larga applicazione nella pratica giurisprudenziale . E’ con l’avvento del d.lgs. 231/2001 che avviene una prima valorizzazione degli elementi interdittivi nella sede cautelare; ci troviamo quindi davanti ad un “presunto” paradosso: la misura cautelare, che per definizione può avere una duplice natura (reale o personale), si ritrova valorizzata nel panorama del nostro ordinamento da una norma che vede come protagoniste indiscusse le persone giuridiche, ossia gli enti . Se il fine ultimo del decreto 231/2001 è quello di recuperare l’ente alla legalità , e prima ancora di prevenire il rischio-reato, il percorso rieducativo che in qualche modo viene imposto al soggetto collettivo attraverso il processo passa anche per il tramite delle misure cautelari, private della loro naturale finalizzazione strumentale rispetto ad esigenze processuali e piegate ad una logica spiccatamente preventiva: solo dunque trattando le misure cautelari nel processo de societate si arriva finalmente all’esatta comprensione dello stesso.
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