Riassunto analitico
Il presente elaborato analizza il tema delle garanzie difensive di cui il contribuente sottoposto ad indagine finanziaria può avvalersi. Più nel dettaglio, la trattazione si connota per una prima parte dedicata al tentativo di definizione del concetto di segreto bancario, istituto giuridico privo di fondamento legislativo espresso, a lungo oggetto di dibattito dottrinale in ordine all’elemento definitorio e alla delimitazione del campo di operatività. Peraltro, nonostante non si ravvisi nel vigente ordinamento una disposizione che enuclei il concetto di segreto bancario, il contenuto dello stesso è da sempre individuato negli obblighi di riservatezza che connotano l’attività bancaria, espressione del particolare rapporto di fiducia che attende il rapporto fra ente creditizio e clientela. Se il quadro normativo vigente durante il secolo scorso prevedeva forme di discrezione nei rapporti di credito, seppur con talune eccezioni, anche nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, gli anni ’90 hanno segnato la resa del segreto bancario di fronte alle esigenze di contrasto all’evasione fiscale; l’Agenzia delle entrate è stata ammessa a disporre di modalità penetranti di accesso alla documentazione bancaria, volte ad agevolare la repressione di pratiche fraudolente, e, di conseguenza, finalità di trasparenza fiscale. Sul presupposto di perseguire condotte fiscalmente illecite, e rilevare forme di evasione fiscale, il quadro normativo attuale consente agli uffici tributari di formulare rettifiche del reddito imponibile sulla base di movimenti finanziari rilevati tramite indagine sui conti correnti, i quali, non riuscendo ad essere giustificati dal contribuente in ordine all’origine e alla natura, vedono l’applicazione delle presunzioni di cui agli art. 32, D.P.R 600/1973 e art. 51, D.P.R. 633/1972. Le problematiche che emergono dall'emissione di rettifiche reddituali fondate su presunzioni attengono al profilo difensivo del contribuente, sul quale rischia di gravare una c.d. "probatio diabolica", qualora lo stesso non possegga gli strumenti idonei per fornire una corretta qualificazione delle movimentazioni finanziarie rilevate tramite indagine. Il quadro si aggrava in presenza delle circostanze in cui l’Amministrazione decide di fare applicazione della c.d. "praesumptio de praesumpto", poiché viene attuato un ragionamento presuntivo non necessariamente conforme alla realtà. Ulteriori profili in relazione ai quali il contribuente sottoposto ad indagine può riscontrare difficoltà nel predisporre un’efficace difesa emergono nelle ipotesi in cui l’Ufficio si avvalga, al fine dell’accertamento, di dati estrapolati da conti di terzi aventi una particolare connessione con il soggetto interessato; non è sempre agevole per il contribuente giustificare dati provenienti da conti correnti di cui non è formale intestatario. Da ultimo, meritano menzione i pregiudizi che lo stesso può subire in conseguenza di violazioni istruttorie, in particolar modo per quanto attiene la circolazione di dati fra processo penale e sede fiscale. Ad ogni modo, è doveroso sottolineare come, nonostante gli strumenti di indagine presentino in talune circostanze particolare invasività, tuttavia sono stati predisposti dall’ordinamento per perseguire importanti finalità di trasparenza fiscale, coerenti con una rinnovata sensibilità di contrasto a pratiche evasive e di dispersione dell’imponibile che trova riscontro anche sul piano internazionale. In tal senso, la parte conclusiva dell’elaborato è dedicata ad un approfondimento in ordine agli strumenti di cooperazione fiscale internazionale predisposti dagli Stati, al fine di condurre un’azione congiunta finalizzata ad obiettivi di matrice comune.
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