Riassunto analitico
In questa Tesi viene affrontato e analizzato il diritto alla salute come diritto sociale e umano. L’analisi si apre con la riflessione intorno alla natura dei diritti sociali e il loro controverso riconoscimento come veri e propri diritti. Tale natura è messa in discussione attraverso argomenti, che tendono a inquadrare questi diritti in una posizione inferiore rispetto a quelli negativi. La prospettiva in cui viene inserito il dibattito sui diritti sociali è sovranazionale e, per questo motivo, viene esaminato il diritto alla salute come diritto umano contenuto in importanti documenti internazionali come, ad esempio, la Dichiarazione universale dei diritti umani (all’art. 25) e il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (all’art. 12). Tra le definizioni quella centrale è quella data dall’OMS che pone la salute come base per «la pace e la sicurezza mondiali» e la indica come «uno stato completo di benessere fisico, mentale e sociale». L’ampio riconoscimento a livello normativo e la particolare struttura del diritto alla salute, che può realizzarsi nel momento in cui sia disponibile il farmaco, bene essenziale, rende inevitabile una considerazione, dapprima sul piano teorico, di una possibile realizzazione di una teoria di giustizia distributiva. L’idea di giustizia distributiva si collega direttamente al concetto di eguaglianza declinata, nel senso più specifico di equità e, tra le varie elaborazioni filosofico-giuridiche quella che adotta questo particolare punto di vista è quella egualitarista. L’attenzione si sposta, poi, al piano concreto ed è volta a verificare se, a livello pratico siano poste in essere le condizioni propedeutiche all’attuazione del diritto alla salute. Emerge un divario tra Stati ricchi e Stati in via di sviluppo per l’accesso alle cure, tanto che la situazione è definibile estremamente iniqua, con forti diseguaglianze. Una delle cause di questa distribuzione asimmetrica è il fatto che il tipo di produzione di farmaci si basa su principi prettamente economici, che hanno come scopo principale il profitto. Le multinazionali farmaceutiche, si concentrano sui mercati solvibili dei Paesi ricchi e sulla produzione di prodotti che coprano ampie fette di mercato, perciò, malattie rare o che colpiscono zone povere non interessano. L’assetto che permette un’impostazione così definita è quello delineato dall’accordo TRIPs, che regola e difende la proprietà intellettuale attraverso l’utilizzo di brevetti. I prodotti farmaceutici possono essere coperti da brevetto e, perciò, essere posti, per un determinato periodo di tempo, sotto un regime di monopolio. A fronte di tale situazione alcuni Stati, utilizzando delle deroghe riconosciute nell’accordo TRIPs stesso, hanno avviato una produzione di farmaci generici per combattere, ma hanno provocato il malcontento delle case farmaceutiche, che hanno forti interessi nel far rispettare la copertura brevettuale per i medicinali. Il processo di Pretoria rappresenta una reazione delle case farmaceutiche contro il Sudafrica proprio per i motivi sopra indicati. Esso rappresenta un evento che ha permesso una reazione di ONG e organismi internazionali volto ad un cambio di paradigma rispetto alla sistema vigente. L’ultima analisi riguarda proprio le reazioni a questa situazione di diseguaglianza e le proposte, tra cui quella di Pogge, che possono essere portate avanti per garantire anche a livello pratico il rispetto del diritto alla salute. Il principio da seguire è quello di un’equa distribuzione, che può essere rispettato attraverso una maggiore cooperazione transnazionale dei principali attori operanti a livello globale e con una serie di modifiche strutturali del sistema su cui poggia la distribuzione dei farmaci. Si profila un’ipotesi di un nuovo ordine globale, che però rischia di essere utopica se non avviene seguendo principi in grado di armonizzare medicina e mercato.
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