Riassunto analitico
La massiccia ondata di disinformazione online ha recentemente raggiunto livelli allarmanti. Il drammatico periodo legato all’emergenza pandemica ha mostrato quanto sia cruciale la gestione della comunicazione, specialmente in un contesto come quello attuale, contraddistinto dalla dilagante pervasività e dall’istantaneità dei media digitali. Il mondo delle piattaforme social, terreno di espressione e manifestazione di libertà incontrollata, è spesso diventato crocevia di strategie comunicative istituzionali con la necessità di orientare l’informazione verso canali ufficiali evitando gli effetti collaterali causati dalle tanto temute fake news. Attraverso il presente contributo si fornisce un’analisi delle principali pratiche comunicative, da quelle tradizionali a quelle più innovative, che trattano argomenti scientifici in ambito medico-sanitario, sia da un punto di vista «ufficiale», sia da un punto di vista «alternativo». Altresì, l’elaborato si propone di portare all’attenzione la questione della tutela costituzionale delle manifestazioni di pensiero false e i limiti che essa incontra nel momento in cui entrano in gioco interessi costituzionalmente tutelati, che possono essere pregiudicati dalla libera circolazione di fake news sui moderni mezzi di comunicazione, con potenziali riflessi sulla salute pubblica. Nel fare ciò, ci si domanda se l’ordinamento presenti gli anticorpi necessari per contrastare la questione oggi di interesse oppure, se al fine di contenere il fenomeno della disinformazione, sia auspicabile l’introduzione di una puntuale regolamentazione della materia, anche a costo di rischiare di limitare concretamente la libertà di manifestazione del pensiero. In tale chiave si evidenziano alcune perplessità rispetto alle posizioni, sempre più diffuse, che accolgono con favore il coinvolgimento attivo degli Internet service provider nell’attuazione di sistemi di filtraggio finalizzati alla rimozione di contenuti falsi dalla rete Internet. Il contributo prevede un focus sulla recente istituzione del primo tribunale social, l’Oversight Board di Facebook, che tutela il rispetto della libertà di espressione, garantendo un giudizio indipendente, ma che pone il quesito circa la sua reale funzione: in termini di autodisciplina oppure di una sorta di censura privata.
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