Riassunto analitico
Il regime di imputazione del reddito delle imprese estere controllate è stato introdotto in risposta ad un sempre più mutevole scenario economico che ha portato alla rottura della secolare catena Stato-territorio-ricchezza e alla conseguente obbligata revisione dei tradizionali sistemi impositivi. Gli ultimi decenni sono stati infatti caratterizzati da una forte internazionalizzazione dei rapporti economici dovuta all’avvento dell’era digitale, alla sempre maggiore mobilità dei fattori della produzione e alle nuove tecnologie informatiche, delle telecomunicazioni e produttive, capaci di far circolare capitali e di rifuggire ogni limite spaziale. In particolare sono state individuate tre famiglie di fattori che hanno portato alla nascita di questo “nuovo mondo”: vi sono fattori tecnologici come il passaggio dalla ricchezza “materiale” alla ricchezza “de-materializzata” con l’importanza crescente dei servizi e dei c.d. Intangibles; fattori politici, primo fra tutti la caduta del muro di Berlino che ha permesso l’unificazione commerciale e la diffusione di tecnologie prima precluse, e per ultimo fattori politico-tecnologici come la stipulazione dell’accordo Wto che ha comportato la rimozione delle barriere alla libera circolazione dei capitali. Le economie in cui i flussi commerciali e finanziari internazionali sono limitati e le imprese operano essenzialmente in ambito nazionale, si sono trasformate quindi in economie sempre più integrate ed interdipendenti in cui i flussi informativi e finanziari rappresentano la forma di ricchezza predominante, intangibile e non localizzabile; tanto che è stata coniata l’espressione della c.d. “Economia senza peso” ad indicare i nuovi mercati “immateriali” e la progressiva ed inarrestabile trasformazione dei beni in servizi.Tutto ciò ha affievolito il potere dello Stato di perseguire la propria politica fiscale e di esercitare il proprio monopolio politico: in un’economia chiusa caratterizzata da ricchezza “reale”, ossia costituita essenzialmente da beni, il controllo sul territorio permette un perfetto controllo della ricchezza; al contrario, un’economia caratterizzata da una ricchezza intangibile rende difficile, a causa del complesso processo di quantificazione oggettiva del suo valore, l’individuazione sia dei redditi da sottoporre ad imposizione sia dei soggetti beneficiari. Ecco che sempre più imprese si sono servite di tale difficoltà degli Stati per dislocare artificiosamente il reddito imponibile verso ordinamenti a bassa fiscalità, dove operano imprese da loro controllate, al fine di ottenere un vantaggio fiscale tramite il rinvio della tassazione dei profitti, noto come “tax deferral”. Il problema principale è che tale rinvio della tassazione potrebbe durare all’infinito in quanto, una volta localizzato il profitto in tale Paese a bassa fiscalità, il denaro può essere utilizzato per ulteriori investimenti del gruppo senza mai rimpatriare e sfuggendo in tal modo alle ordinarie regole di imputazione del reddito che vedono i redditi dei soggetti controllati non residenti assoggettati ad imposizione in capo all’impresa controllante solo in caso di distribuzione degli stessi. Per tale motivo gli organismi sovranazionali (OCSE e Unione Europea) e nazionali, prendendo atto dell’inadeguatezza delle norme fino a quel momento utilizzate, hanno cercato di sensibilizzare gli Stati sulla portata dell’elusione fiscale proponendo una serie di norme che ogni Stato dovrebbe introdurre nel proprio ordinamento al fine di arginare tali forme di nomadismo reddituale e tra queste risulta rilevante la disciplina delle Controlled Foreign Companies, rivista e aggiornata nel tempo a causa del già citato e continuo cambiamento del mercato e dell’economia.
|