Riassunto analitico
L’obiettivo della repressione dei crimini internazionali più gravi è da sempre uno degli elementi centrali del diritto internazionale. La Corte penale internazionale è stata creata allo scopo di punire i soggetti responsabili di reati aberranti, quali crimini di guerra, contro l’umanità, crimine di genocidio e di aggressione. Per un efficiente funzionamento della Corte, tuttavia, è indispensabile la cooperazione degli Stati, che siano parti del trattato istitutivo o meno poco importa. Nell’introduzione della tesi, ho primariamente riscontrato come la giurisdizione della Corte penale internazionale risulti complementare a quelle nazionali: la Corte può intervenire soltanto in via sussidiaria ed in presenza di determinati presupposti. La tesi si divide in tre parti, partendo dall’analisi dei soggetti obbligati alla cooperazione, passando alle diverse forme di cooperazione previste, ed infine trattando le conseguenze derivanti dall’inadempimento dell’obbligo di cooperare. Per quanto attiene ai soggetti, vi sono in primo luogo gli Stati, tuttavia è altresì ipotizzabile una cooperazione delle organizzazioni internazionali. Per quanto attiene agli Stati, è necessaria una primaria distinzione tra gli Stati che hanno aderito o meno allo Statuto di Roma, trattato istitutivo della Corte penale internazionale. Ciò è fondamentale in quanto gli Stati parti dello Statuto accettano automaticamente la giurisdizione della Corte sui crimini più gravi; gli Stati terzi, invece, risultando estranei allo Statuto, non sono soggetti ad alcun obbligo di cooperazione con la CPI. Tuttavia è possibile attribuire giurisdizione alla Corte qualora uno Stato non parte la accetti, mediante il deposito di una dichiarazione ad hoc presso la Cancelleria della Corte. Il consenso e la volontà degli Stati di collaborare con la Corte sono, perciò, alla base dell’attività svolta da essa. Il secondo macro-argomento trattato riguarda le singole forme di cooperazione e di assistenza giudiziaria previste dallo Statuto di Roma: innanzitutto vi è la previsione di un generale obbligo degli Stati parti di cooperare nelle inchieste e nelle azioni giudiziarie, seguita dall’obbligo di predisporre nel loro ordinamento nazionale procedure idonee alla realizzazione di una piena collaborazione. Sono inserite disposizioni inerenti espressamente all’arresto ed alla consegna di persone; infine vengono trattate le altre forme di cooperazione. A conclusione di ogni argomento ho inoltre analizzato la situazione dell’Italia nell’attuazione degli obblighi di adeguamento della legislazione nazionale allo Statuto di Roma. L’ultimo capitolo è dedicato alle conseguenze dell’inadempimento agli obblighi in capo agli Stati, prevedendo diversi rimedi a seconda che gli Stati siano parti o terzi. Ho trattato le singole eccezioni, tassative, all’obbligo di ottemperare alle richieste di assistenza, riscontrando come non sussistano invece cause di giustificazione alla mancata esecuzione di richieste di consegna di determinate persone. Inoltre ho esposto alcuni limiti all’obbligo di consegna esistenti in caso di contrasto tra gli obblighi nascenti in base allo Statuto e gli obblighi assunti attraverso accordi internazionali. In tal proposito ho riscontrato come negli anni di vigenza dello Statuto di Roma, alcuni Stati estranei ad esso abbiano tentato di sottrarsi alla giurisdizione della Corte penale internazionale attraverso la conclusione di accordi bilaterali con gli Stati parti. Tali accordi vengono stipulati allo scopo di vanificare l’azione della Corte, che potrebbe esercitare la propria giurisdizione anche nei confronti di cittadini di Stati non parti che abbiano commesso crimini sul territorio di uno Stato parte. È il caso degli Stati Uniti, i quali hanno da sempre mostrato un atteggiamento ostile nei confronti della Corte e della sua attività.
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