Riassunto analitico
L’elaborato si pone l’obiettivo di fornire un’analisi dettagliata del d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 121, corpus normativo che ha introdotto una disciplina ad hoc per l’esecuzione delle pene nei confronti del condannato minorenne, in attuazione delle linee direttrici di cui all’art. 1, comma 85, lett. p, della legge delega 23 giugno 2017, n. 103. Ci si trova dinanzi ad un intervento riformatore sicuramente apprezzabile sotto diversi punti di vista, in primis, per aver posto definitivamente fine alla quarantennale inerzia legislativa circa la predisposizione di un’organica regolamentazione dell’esecuzione penitenziaria minorile, sconfessando così l’ingiustificata equiparazione tra adulti e minori operata dall’art. 79, comma 1, l. 26 luglio 1975, n. 354 in materia di ordinamento penitenziario ordinario. Diversi sono gli istituti individuati ex novo e parametrati sulla personalità fragile e in fieri del soggetto minore di età, ma altrettanti i profili di criticità sui quali il presente elaborato cercherà di insistere per sollecitare riflessioni in merito ad un risultato alquanto deludente. Di fatti, l’esigenza di differenziazione del modello applicato al condannato minorenne auspicata, altresì, a livello sovranazionale e costituzionale non ha trovato pieno riscontro nell’articolato che ne è emerso. Sulla base di queste premesse l’analisi proposta si articola in tre distinte sezioni che ricalcano l’assetto strutturale del decreto in analisi prendendone in rassegna tutte le disposizioni. In particolare, nella prima parte dopo aver ripercorso le tappe che hanno condotto all’emanazione della nuova disciplina penitenziaria, si analizzano i primi aspetti del nascente corpus normativo, individuandone i principi cardine tra cui quello di specialità, nonché le fonti dell’esecuzione penale minorile e le finalità da essa perseguite (Capo I). La seconda parte contempla il focus della trattazione relativo alle nuove misure penali di comunità, strumenti alternativi al carcere da prediligere in quanto dotati di una forte valenza educativa incentivante il positivo recupero del condannato minorenne (Capo II), anche se sul punto deve riscontrarsi uno slancio poco coraggioso del legislatore. A ciò si aggiunga l’analisi circa i profili esecutivi delle misure extramurarie e in generale della pena detentiva ridefiniti in ragione delle esigenze peculiari del minorenne sottoposto ad esecuzione, il cui ambito di applicazione è stato esteso altresì alla nuova categoria dei “giovani adulti” (Capo III). Infine, la terza parte si occupa del trattamento intramurario, con particolare riguardo all’intervento educativo, confacente ai bisogni individuali del minore e caratterizzato da una certa flessibilità, nonché all’organizzazione degli IPM (Capo IV). Si conclude, ritenendo che il decreto legislativo in analisi sia soltanto un punto di partenza ben lontano dall’ambizioso progetto di realizzare un modello esecutivo autonomo e specifico, sarebbero perciò auspicabili futuri interventi legislativi per il raggiungimento di ulteriori mete.
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