Riassunto analitico
Con la presente trattazione, voglio ripercorrere brevemente, ma in modo esaustivo, il processo evolutivo che ha portato, logicamente e temporalmente, la Convenzione di Montreal del 1999 al termine, in tema di responsabilità del vettore aereo, soffermandoci su alcuni aspetti ritenuti più significativi e peculiari in punto di obblighi risarcitori. Innanzitutto è però d’obbligo fare una precisazione: il limite risarcitorio è una limitazione di debito, non una limitazione di responsabilità: nel primo caso il debito di un soggetto viene limitato all’entità, continuando il debitore a rispondere col suo intero patrimonio (art. 2740 c.c.); nel secondo, invece, la responsabilità di un soggetto per tutte, o solamente alcune, delle sue obbligazioni viene limitata ad una parte dei suoi beni, o ad un solo bene in particolare, sui quali solamente i creditori potranno agire esclusivamente per la soddisfazione delle proprie pretese creditorie. Sia secondo il diritto uniforme che per il nostro diritto interno, vettore è colui che “si obbliga, verso corrispettivo, a trasferire persone o cose da un luogo all’altro (art. 1678 c.c.)”; all’obbligazione di trasferimento di affiancano anche un obbligo di protezione, nel caso di trasporto di persone, o una responsabilità ex receptum, per il trasporto di cose: l’”oggetto” del trasporto deve infatti giungere a destinazione integro. In capo al vettore sorge, tra l’altro, anche un obbligo di informazione, la cui violazione però non comporta più la decadenza dal beneficio del limite risarcitorio, ove ancora sia rimasto. Come la Convenzione di Varsavia del 1929, anche quella di Montreal del 1999 si applica esclusivamente al trasporto aereo che presenti i requisiti dell’internazionalità, come definiti dall’art. 1 della Convenzione medesima. L’imputazione della responsabilità si basava, nella Convenzione di Varsavia del 1929, sul principio della presunzione di colpa: erano generalmente imputabili al vettore tutti i danni sofferti dal passeggero durante l’arco temporale coperto dal trasporto e dalle operazioni ad esso strettamente collegate. Il vettore, che rispondeva comunque limitatamente, poteva fornire la prova liberatoria di aver operato secondo i canoni del buon vettore, ovvero di aver adottato tutte le misure necessarie per evitare il danno, ovvero, ancora, che fosse stato impossibile adottarle da parte sua e dei suoi “préposés” (art. 20, §1). Solamente dimostrando il dolo o la “colpa equiparabile al dolo secondo la lex fori” del vettore o dei suoi preposti, il danneggiato poteva pretendere un ristoro integrale del danno subito. Secondo il testo originario della Convenzione vi era inoltre un’ulteriore ipotesi di decadenza del vettore dal beneficio del limite e della possibilità di offrire la prova liberatoria: l’omessa o irregolare emissione del biglietto (art. 3, §2). Fattore esonerativo, totale o parziale, di cui poteva beneficiare il vettore era la c.d. contributory negligence (art. 21, §1). L’aspetto su cui conviene puntare l’attenzione, citando la Convenzione di Montreal, è il carattere oggettivo della responsabilità del vettore aereo di persona per i danni fino a 100.000 DSP: entro tale soglia infatti risponde dei danni “alla sola condizione” del loro verificarsi nell’ambito spazio-temporale coperto dal trasporto aereo internazionale (come già indicato anche nella Convenzione di Varsavia) e non può escludere o limitare la propria responsabilità. Oltre tale somma continuerà a rispondere secondo un criterio di colpa soggettiva presunta, e sarà di conseguenza concessa la possibilità di invocare la ricorrenza delle clausole di esonero della responsabilità contemplate dalla Convenzione di Varsavia (c.d. two-tier system, art. 21).
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