Riassunto analitico
Il presente lavoro di ricerca mira a fornire un’illustrazione dell’istituto del trust quale “strumento di articolazione del patrimonio” volto a configurare l’effetto di segregazione patrimoniale finalizzato alla realizzazione di interessi ritenuti meritevoli di tutela dall’ordinamento giuridico e, quindi, passibili di una protezione rafforzata. Partendo dal principio costituzionale di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi di cui all’art. 29 Cost., il quale, favorendo il superamento dei limiti tradizionalmente posti all’autonomia privata in ambito familiare, ormai edificata sui pilastri degli artt. 1322 e 1372 c.c., ha ammesso la possibilità di istituire il trust quale regime patrimoniale “atipico", si analizzeranno le origini dell’istituto dal common law alla Convenzione de L’Aja del 1 luglio 1985, la quale ha riconosciuto un modello “amorfo” di trust, ossia una figura capace di “tagliare su misura” una soluzione di protezione patrimoniale, adeguandola alle esigenze del caso concreto [Capitolo 1]. Dopo aver dato voce al dibattito dottrinale e giurisprudenziale circa l’ammissibilità del trust c.d. interno, segue un’analisi dettagliata delle caratteristiche peculiari dell’istituto. Viene, altresì, in rilievo, quale rimedio posto a tutela delle posizioni creditorie, la possibilità di esperire l’azione revocatoria, nonché il nuovo rimedio di cui all’art. 2929-bis c.c., il quale ha inteso attribuire ai creditori la possibilità di agire in executivis, bypassando la fase di cognizione che dovrebbe logicamente ed ontologicamente precedere. Viene poi considerato l’utilizzo del trust con finalità successoria, con particolare riguardo alla possibilità di esperire l’azione di riduzione a tutela dei legittimari. Il contributo vuole poi fornire una rassegna circa le questioni relative all’impiego del medesimo nell’ambito dei rapporti giusfamiliari. Tale intento riveste una sua utilità sistematica se adeguatamente rapportato agli altri patrimoni di destinazione già positivizzati dall’ordinamento, quali il fondo patrimoniale e l’atto di destinazione per la realizzazione degli interessi meritevoli di tutela ex art. 2645-ter c.c., nel tentativo di individuare la figura che, in una prospettiva de iure condito e de iure condendo, si presti ad essere più competitiva all’interno del nostro sistema giuridico [Capitolo 2]. Tali istituti, infatti, benchè ugualmente derogativi al principio di universalità della responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c., hanno suscitato, in dottrina e giurisprudenza, la necessità di una riformulazione di quei canoni peculiari, quali, il concetto di “bisogni della famiglia” e di “interessi meritevoli di tutela per l’ordinamento”. Si cercherà di delineare i confini applicativi di ciascuno sia da un punto di vista oggettivo, sia da un punto di vista soggettivo; proprio con riferimento a tale ultimo aspetto, si cercherà di collocare anche la nuova disciplina delle “unioni civili” e delle “convivenze di fatto” introdotta con legge 20 maggio 2016, n. 76. Infine [Capitolo 3], lo studio si volge a trattare l’utilizzo del trust sia nella fase fisiologica del matrimonio, sia in seno alla crisi coniugale, nelle sue varie forme di manifestazione, ossia negli accordi di separazione consensuale e nel divorzio a domanda congiunta (c.d. contratti della crisi coniugale), corroborati dall’apporto di recenti casi giurisprudenziali. Merita poi particolare attenzione il modo di operare del trust nell’ambito della famiglia di fatto, terreno privilegiato per l’estrinsecazione dell’autonomia privata. Chiude il lavoro l’analisi relativa alla tutela dei “soggetti deboli”, quali minori e disabili, attuata attraverso lo strumento del trust.
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