Riassunto analitico
Un’indagine di mercato condotta dal mensile tedesco Öko-Test su 16 campioni di formaggio Parmigiano Reggiano DOP, pubblicata nell’edizione di settembre 2019, notificò presunte criticità, tra cui la presenza di oli minerali contaminanti dannosi per la salute umana. Prontamente, il Consorzio del formaggio Parmigiano Reggiano decise di intervenire innanzitutto per approfondire la conoscenza sugli oli minerali, se vi fossero delle restrizioni a livello normativo e da quali fonti potessero derivare. In secondo luogo, intraprese un campionamento di sedici prodotti lattiero-caseari sul mercato, che vennero analizzati in maniera analoga a quelli di Öko-Test. L’articolo così sensazionalistico poteva essere contestato in realtà sotto vari punti, ma è stata anche un’occasione per il Consorzio per approfondire la questione degli oli minerali come contaminanti emergenti nella filiera del Parmigiano Reggiano. La metodica di analisi dei campioni Öko-Test fa riferimento alla norma DIN EN 16995:2017 riguardante oli vegetali, matrici diverse dai prodotti lattiero-caseari. Fermo restando il fatto che gli idrocarburi di oli minerali (Mineral Oil Hydrocarbons – MOH) sono sostanze lipofile che non hanno origine vegetale ma fossile e che la loro presenza negli alimenti possa costituire una fonte di preoccupazione, tuttavia, ad oggi, non perviene una normativa a livello comunitario che stabilisca un livello massimo di residui ammissibile o specifici valori soglia nei prodotti alimentari. A seguito del parere scientifico sugli idrocarburi di oli minerali negli alimenti rilasciato dal gruppo CONTAM dell’EFSA nel 2012, la raccomandazione 2017/84/CE sul monitoraggio degli idrocarburi di oli minerali nei prodotti alimentari e nei materiali e negli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari, dichiara che: «I MOAH possono agire da cancerogeni genotossici, mentre alcuni […] MOSH possono accumularsi nei tessuti umani e provocare effetti avversi sul fegato». La rivista non ha riscontrato la presenza di MOAH ma solo di MOSH all’interno dei campioni di Parmigiano Reggiano, limitandosi ad un giudizio sintetico espresso in intervalli di contaminazione, non specificando in che misura possa ritenersi pericolosa per la salute dei consumatori. Tali contaminanti sono ubiquitari e le fonti di contaminazione sono molteplici: lubrificanti usati nei processi industriali, inchiostri di stampa, materiali di packaging in plastica e cellulosici, contaminazione nelle diverse fasi del processo produttivo ed ambientale. Dopo aver delineato un quadro complessivo di questi contaminanti emergenti, facendo chiarezza sull’aspetto normativo, sulle metodiche analitiche e sugli accorgimenti attuabili a livello dei MOCA, l’attenzione si è focalizzata sulla filiera di produzione del formaggio Parmigiano Reggiano, alla ricerca delle fasi che maggiormente possono costituire dei punti critici di contaminazione da idrocarburi di oli minerali e che, pertanto, nell’ottica di un costante monitoraggio qualitativo del prodotto certificato DOP, dovranno essere tenute sotto controllo. Sono stati sottoposti ad analisi quindici campioni di Parmigiano Reggiano in pezzi presso due laboratori che applicano la metodica analitica DIN EN 16995:2017 accreditata, evidenziando un contenuto di MOSH quantificabile a fronte dell’assenza di MOAH nel’87% dei campioni. I valori riscontrati sono in linea con il NOAEL di 19 mg/kg bw/day assunto dall’EFSA nel 2012 e con il valore soglia per le matrici lattiero-casearie di 5 mg/kg MOSH C16-C35 delineato dalla SciCom belga nel 2017. Ciò nonostante, seguiranno ulteriori approfondimenti sul prodotto finito e commercializzato, in particolare grattugiato, valutando eventuali contaminazioni ascrivibili al packaging e ai processi di lavorazione industriale.
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