Riassunto analitico
Le questioni bioetiche sorte grazie alle innovazioni medico-scientifiche degli ultimi decenni, attanagliano il mondo della filosofia del diritto: si tratta di questioni-limite che portano l’uomo a confrontarsi con la sfera più intima del suo io, portandolo a farsi delle domande che mai avrebbe pensato di porsi. Tali problemi, però, non rilevano solamente all’interno della dimensione individuale, essi si riflettono nella società e, quindi, nel diritto. Un embrione può essere “lasciato morire”? Un bambino può essere concepito con i semi di un soggetto estraneo? Un uomo malato può scegliere di morire? Può farlo tramite un atto redatto anche molto tempo prima? Nel momento in cui si discute, per esempio, della legittimità della fecondazione eterologa, della clonazione, dell’eutanasia e delle dichiarazioni anticipate di trattamento, il fronte giuridico non può estraniarsi, non può evitare di essere coinvolto, anzi, deve prendere una posizione in merito. All’interno di questo elaborato viene intrapreso un percorso nella riflessione bioetica e biogiuridica contemporanea che si focalizza, principalmente, nell’analisi dell’indirizzo giusnaturalistico che, in Italia, la dottrina della “Scuola romana” adotta nell’ambito del biodiritto. Per questo motivo, però, innanzitutto, è necessario comprendere il valore e la portata del concetto di diritto naturale e il cammino che questo ha affrontato nella storia della filosofia del diritto, dalla nascita, passando per le differenti teorizzazioni che di esso sono state formulate, alla crisi, per giungere fino alla sua riscoperta nell’ambito accademico italiano, grazie alla teoria dell’ontofenomenologia giuridica. All’interno di tale costruzione filosofico-giuridica, infatti, Sergio Cotta, prima, e Francesco D’Agostino, più tardi, compiono un’opera di riscoperta e rielaborazione di un sistema che giustifica l’esistenza di un diritto naturale dinamico. È proprio in questo orizzonte giusnaturalistico ontofenomenologico, che vengono indagate la biogiuridica e le moderne questioni bioetiche. Da Francesco D’Agostino in poi, infatti, i sostenitori di questa dottrina, tra cui si possono ricordare Laura Palazzani, Salvatore Amato e Claudio Sartea, reinterpretano le teorizzazioni del diritto naturale cottiano per elaborare una specifica concezione di biodiritto, che esalta il valore dell’oggettiva dignità intrinseca della vita di ogni essere umano come principio biogiuridico fondamentale, primo e inderogabile. È nell’ambito di questa prospettiva che vengono affrontate, precisamente, alcune delle questioni bioetiche inerenti a tematiche di fine e inizio vita, concentrando l’attenzione, più specificatamente, su fecondazione assistita, clonazione, accanimento terapeutico ed eutanasia. Emerge, così, da parte della “Scuola romana”, la costruzione di un biodiritto apertamente schierato a favore della tutela insindacabile della vita umana (a qualsiasi stadio del suo sviluppo) e profondamente radicato nel diritto naturale. Tale risultato permette di definire chiaramente lo scopo di questa riflessione, che consiste nell’intraprendere un percorso dalla storia del pensiero giusnaturalistico, alla sua influenza attuale in bioetica: indagare l’esistenza di un diritto universale, uguale e necessario per tutti, e la sua applicazione e attualizzazione all’interno del pensiero biogiurico, dopo che, nell’età moderna, ne è stata sostenuta la morte. Con questa tesi di laurea si vuole dimostrare la capacità del diritto naturale di costituire un argomento giuridico forte, con il quale comprendere, formulare e sostenere riflessioni e teorie biogiuridiche.
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