Riassunto analitico
La cimice asiatica Halyomorpha halys, insetto nativo di alcune aree orientali del globo, giungendo in Italia, ha causato e tuttora provoca ingenti perdite e danni alle colture agricole, colpendo in modo particolare ortaggi, quali fagioli, peperoni, pomodori e frutta, tra cui uve. Quest’ultime si possono distinguere, in base alle loro caratteristiche che ne determinano l’utilizzo finale, in “uve da tavola” e quelle destinate alla produzione di vini, predominanti rispetto alle prime. La presente ricerca nasce come indagine e verifica degli effetti della cimice asiatica in vinificazione; a tal proposito si sono studiati i cambiamenti sulla qualità del vino, valutando le caratteristiche chimiche e sensoriali del prodotto, al fine di individuare l’eventuale danno e la conseguente possibile soglia di percezione, derivante dalla contaminazione dell’insetto. Il Lambrusco Salamino è stata la cultivar di indagine: questa è una delle coltivazioni più diffuse del patrimonio emiliano insieme al L. Grasparossa e viene utilizzata per ottenere vini dalle caratteristiche chimiche e sensoriali tipiche. In collaborazione con la cantina sperimentale ASTRA di Faenza (RA) è stata indagata la qualità dei prodotti tramite alcune vinificazioni su scala pilota con dosaggi crescenti di H. halys, simulando la contaminazione dei vini ottenuti. In modo particolare, si è studiata la componente aromatica mediante tecniche gas-cromatografiche accoppiate alla spettrometria di massa; invece, studi sensoriali hanno mirato alla ricerca di possibili differenze tra i vini, nonché la descrizione degli stessi mediante un linguaggio sensoriale studiato e condiviso da un gruppo di assaggiatori qualificati. Particolare attenzione è stata posta alla presenza di note caratteristiche che potessero essere individuate come causa di differenza dei vini. I risultati ottenuti sono stati confortanti e non sembrano evidenziare importanti e drastiche variazioni sul profilo chimico dei vini. L’analisi sensoriale è stata eseguita attuando il protocollo sviluppato ed ha evidenziato la presenza di qualche nota singolare non appartenente all’impronta sensoriale tipica del Lambrusco, tuttavia sembra non essere ascrivibile all’odore “di cimice” così definito dal gruppo di assaggiatori selezionati. Tali note sensoriali, segnalate durante l’indagine, perciò, devono essere approfondite in virtù dei risultati evidenziati nel corso di uno studio che ha coinvolto un certo numero di consumatori scelti tra intenditori, amatori ed abituali fruitori di Lambrusco, oltre che consumatori occasionali. Infine, resta da approfondire l’eventuale legame di queste particolarità sensoriali con la formazione di alcune molecole.
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