Riassunto analitico
“Obiezione di coscienza, disobbedienza civile, diritto di resistenza” è il titolo giusto per intraprendere un lavoro che intende, partendo proprio da questi termini, analizzare e approfondire un tema, tanto sottovalutato dagli studiosi, ma fondamentale per comprendere il rapporto che l’individuo ha nei confronti del potere rappresentato dallo Stato, in particolare dalle leggi che lo stesso emana. L’obiezione di coscienza ha origini molto antiche, ma nel primo capitolo si è preferito analizzarla dal punto di vista filosofico piuttosto che inoltrarsi in un tortuoso percorso storico che avrebbe solamente distratto il lettore da ciò che si vuol far cogliere. Platone, Aristotele, Tommaso d’Aquino, Kant sono solo alcuni nomi illustri i quali hanno dato voce alla spinosa tematica dell’incidenza che la coscienza individuale provoca sull’agire collettivo-sociale. Si è convinti che quanto impone la coscienza sia giusto e si cerca di condurre una vita in rispetto di tale presupposto. Solitamente, esso va di pari passo con altri tipi di obbedienze, ad esempio a quella per il mondo del diritto. Tuttavia, può accadere che i due mondi prendano strade diverse e si crea un contrasto per cui il singolo è costretto a fare una scelta: o si accetta passivamente, o per timore della sanzione, il comando giuridico, oppure si mantiene fede alla propria coscienza subendo le relative conseguenze. Da ciò, prendono vita gli atti di disobbedienza civile. È una forma di lotta politica, attuata da un singolo soggetto o più spesso da un gruppo di persone, che comporta la consapevole violazione di una precisa norma di legge, ritenuta particolarmente ingiusta, violazione che però si svolge pubblicamente, in modo da rendere evidenti a tutti e immediatamente operative le sanzioni previste dalla legge stessa. Così facendo, il disobbediente dà alla collettività la testimonianza dell’ingiustizia che si sta compiendo nella speranza che cambi qualcosa. Il concetto di disobbedienza civile è strettamente legato a quello di diritto di resistenza in quanto alcuni atti contrastanti con il potere sovrano assumono rilevanza giuridica non soltanto in senso negativo, bensì positivo, al punto di parlare di un diritto-dovere del cittadino all’opposizione. Nel secondo capitolo, il diritto di resistenza viene trattato puntualmente, in tutti i suoi gradi e forme, dalla resistenza nonviolenta di Gandhi e Capitini a quella discussa in Assemblea costituente nel dicembre del 1946. Quest’ultima ha portato l’esito negativo del non inserimento nel testo costituzionale definitivo. Ciò nonostante, nel capitolo successivo si approfondisce il fatto che vi sia un riconoscimento costituzionale, seppur implicito e non condiviso da tutti, del diritto in esame, attraverso la lettura di alcuni articoli, in primis, l’art. 54 il quale prevede il dovere di fedeltà alla Repubblica e il principio della sovranità popolare (art. 1 c. 2) quale fonte del diritto di resistenza. Si conclude questo elaborato portando all'attenzione un caso concreto e recente del panorama giuridico italiano. Si tratta degli atti di disobbedienza civile commessi da alcuni sindaci, nelle vesti di ufficiali dello stato civile, nel momento della trascrizione nei pubblici registri dei same sex marriages contratti all’estero.
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