Riassunto analitico
Questa tesi è volta a investigare il tema dell’innovazione e della creatività nel settore dell’alta cucina, considerato marginalmente dalla letteratura. L’innovazione è alla base dell’ottenimento e mantenimento di un vantaggio competitivo durevole nei confronti della concorrenza. Anche nell’alta cucina l’innovazione permette la creazione di valore e il processo innovativo è condizionato in modo determinante dalla creatività, che si configura dunque come fattore che ne sta alla base. L’alta cucina appartiene infatti al vasto insieme delle imprese “creative”, caratterizzate proprio dalla centralità della creatività nella produzione e distribuzione di output ai quali è associato un valore non solo utilitaristico ma anche culturale. La creatività è infatti alla base dell’intero processo innovativo seguito dagli chef per creare i loro piatti che, per essere assimilati dal mercato, devono essere compresi ed apprezzati dalla clientela del ristorante. Tuttavia, a differenza di altre imprese creative come l’alta moda, qui non sembrano essere presenti meccanismi di integrazione definiti grazie ai quali la conoscenza di mercato possa essere sfruttata nel processo creativo, permettendo l’anticipazione delle esigenze della clientela e la loro conseguente soddisfazione. La letteratura precedente sembra indicare che i grandi chef tendano a mantenere separate l’area della creatività (la cucina) dall’area legata al business (la sala, a contatto con i clienti). Questa decisione implica che il cuoco sia dotato di notevole libertà creativa e artistica in cucina. Se da un lato questa strategia permette allo chef di trasmettere la sua identità di cuoco e di farsi riconoscere per la sua cucina, dall’altro il rischio è di non ottenere margini positivi. Per questo motivo, gli chef che intraprendono questa strada diversificano il loro core business in altre attività esterne (consulenze, catering, ..) in grado di generare ricavi compensando così gli scarsi margini del ristorante. La mia ricerca empirica, realizzata attraverso una serie di interviste semi-strutturate a sette chef "stellati", ha voluto indagare su questo aspetto per verificare la veridicità di quanto espresso dalla letteratura precedente. Nella maggior parte dei casi indagati i dati hanno confermato quanto esposto dagli studiosi in materia, rivelando la tendenza di tali imprese a mantenere separate le due aree, trasmettendo la personalità degli chef nelle loro creazioni e compensando i margini ridotti con il ricorso ad attività diversificate. Nei limitati casi in cui è invece prevalsa la strategia di integrare le informazioni di sala nel processo creativo, si è notato un diverso atteggiamento di base: la volontà di avere una clientela fissa, mantenendo un basso livello di innovazione e soddisfacendo i clienti in base alle loro esigenze. Questa strategia non presuppone dunque il ricorso ad attività esterne, in quanto assicurando la saturazione della capacità di sala, il ristorante riesce a garantire margini adeguati.
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