Riassunto analitico
La necessità di controllare il complesso delle finanze pubbliche con maggiore trasparenza e puntualità nel rispetto delle normative comunitarie, resa impellente dallo scoppio della crisi economica del 2008, poi riversatasi sui debiti pubblici, ha portato il Governo ad emanare una serie di decreti legislativi volti ad armonizzazione i sistemi contabili di tutte le Pubbliche Amministrazioni che concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, favorendo in tal modo l’aggregabilità dei bilanci degli enti. Anche i Comuni, quale enti pubblici territoriali, sono stati interessati dalla riforma armonizzatrice introdotta col D.lgs 118/2011, il quale ha determinato importanti mutamenti nella programmazione e nella gestione dei bilanci. Riconoscendo la complessità della materia e ritenendo imprescindibile il coinvolgimento degli enti nell’applicazione della nuova normativa, il Governo ha previsto un periodo di sperimentazione di tre anni, al quale gli enti hanno potuto aderire su base volontaria. Seppur con una introduzione graduale di alcuni novità, dal 1 gennaio 2015 è entrata in vigore per tutti i Comuni la nuova contabilità, cd. armonizzata; nel momento del passaggio al nuovo sistema contabile, in aggiunta, gli enti hanno avuto l’obbligo di compiere una serie di operazioni per adeguare il bilancio in essere alle previsioni normative appena introdotte. Il presente lavoro, dopo una disamina del sistema contabile armonizzato, e un suo confronto con le regole previgenti, prova a studiare l’impatto del passaggio al nuovo sistema contabile in un campione di Comuni, concentrandosi sulle operazioni compiute durante la transizione, denominate dal decreto “riaccertamento straordinario dei residui”.
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