Riassunto analitico
Codesta tesi si prefigura i fini d’indagare, lungo l’arco dei secoli XII-XX, quali siano stati i semi e le fondamenta della deontologia forense in Europa, con uno sguardo privilegiato al bacino giuridico del diritto comune e del diritto moderno maggiormente influente per l’Italia. L’avvocato, honorabilis detentore dell’ultramillenario ufficio di difensore, affonda probabilmente le proprie radici giudiziarie nell’Antica Grecia, palesandosi nella sua natura di ausiliario processuale di parte già da duemilacinquecento a tremila anni fa, ove si situano le prime testimonianze dell’esistenza di un λογογράφος. Definito da taluni come «pellegrino annunziatore del diritto», è indubbia la connotazione pregnantemente sociale dell’avvocatura, che si vede insignita di un ufficio comportante il rispetto d’un ampio ventaglio di doveri professionali; lo stesso Cicerone, nel suo De Officiis, aveva colto questa “urgenza” deontologica, trasmettendola con le parole «referri enim decet ad ea, quae posui principio fundamenta iustitiae, primum ut ne cui noceatur, deinde ut communi utilitate serviatur». La convivenza è orientata al dovere, l’inclusione all’interno di un assetto sociale è orientato al dovere, e, a maggior ragione, lo svolgimento di un officio volto alla tutela della giustizia è orientato al dovere: tale orientamento, inclinazione, verso ciò che è dovuto, è la deontologia, un corpo di prescrizioni esistenziali per il sano espletamento delle mansioni difensive dell’avvocato. L’articolo 1 del vigente Codice Deontologico Forense declama che l’avvocato deve osservare le norme deontologiche, «essenziali per la realizzazione e la tutela dell'affidamento della collettività e della clientela, della correttezza dei comportamenti, della qualità ed efficacia della prestazione professionale». L’etica professionale è la misura della democraticità di uno Stato, è la giustificazione ontologica di un mestiere, che la sorregge e la giustifica, guidandola sapientemente verso il suo τέλος, quel fine teleologico che, nel caso specifico dell’avvocato, è la giustizia: Remo Danovi scrisse che la deontologia è l’insieme de «i principi, i diritti e i doveri ci accompagnano su questo cammino, nel palazzo della nostra ragione, nella ricerca infinita che passa dal diritto alla giustizia». Assunta la fondamentale rilevanza di approfonditi studi deontologici, occorre affermare, non di meno, la pregnanza di un’analisi storica di questi istituti, riconoscendo come uno sguardo storicizzato alla deontologia ci consenta di dare nuova luce all’evoluzione della professione, leggendo la storia dell’avvocatura come cronaca delle modalità d’aggregazione degli avvocati, dei loro moduli espressivi, dei loro rapporti coll’autorità, per arrivare a comprendere che, anche «nel millennio della società globale [...], l’organizzazione dei servizi legali può cambiare, ma non la funzione svolta». La tesi consentirà d’immergersi nella vita e nel mestiere dell’avvocato attraverso i secoli, superando i preconcetti, le imposizioni e le ostilità della stessa categoria, giungendo sino alle conquiste più recenti. La studio storico della deontologia forense ci consentirà, insomma, di approfondire le tematiche etiche oggetto di dibattito oggi come mille anni fa, per comprendere il presente alla luce del passato, per non incappare in errori già commessi e per rammentarci la missione e la vitalità di un classe, quella forense, che sorregge quotidianamente la macchina della giustizia, che la mantiene in vita e l’asserve al suo degno fruitore istituzionale, il cittadino.
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