Riassunto analitico
Le donne da sempre vivono in condizioni di disuguaglianza e disparità. Esse, in confronto alla popolazione maschile, continuano a subire una quantità di svantaggi in diversi ambiti: sociali, politici e lavorativi. In generale, ancora non godono delle stesse opportunità concesse agli uomini e questo avviene in tutti i paesi del mondo, compresi quelli più avanzati. In ambito economico e politico le posizioni lavorative e di responsabilità non sono mai allo stesso livello delle opportunità fornite alla popolazione maschile (Camera di Commercio di Torino, 2000). Negli ultimi anni c'è stato uno sforzo concertato, da parte di vari governi nazionali e di alcune organizzazioni internazionali, per aumentare la rappresentanza delle donne nella vita pubblica. L’obiettivo delle politiche per le pari opportunità, è quello di rendere i cittadini uguali dal punto di vista della qualità dei diritti goduti, sia se di sesso femminile che maschile, in quanto questo porterebbe effetti positivi all’intero tessuto sociale (A. Donà, 2007). In un contesto più ampio come quello mondiale l’intervento delle pari opportunità e l’uguaglianza tra i sessi è stato promosso attraverso cinque conferenze che si sono tenute a partire dal 1975 a Città del Messico, nel 1980 Copenaghen, nel 1985 a Nairobi, nel 1995 a Pechino e nel 2000 a New York. Ognuna di queste conferenze ha rappresentato un’importante tappa contro la discriminazione femminile. Nella IV Conferenza mondiale sulla donna (Pechino, 1995) vennero introdotti due nuovi concetti: quello di empoverment e quello di mainstreaming (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo UNDP, 2000). Una rassegna della letteratura di riferimento ha permesso di individuare che l’aumento della presenza femminile nel mondo del lavoro può solo che portare benefici, in quanto le donne sono fautrici di scelte politiche diverse rispetto agli uomini (A. Swamy, S. Knack, Y. Lee, and O. Azfar, 2000); le donne, infatti, risultano essere più legate a valori come la fiducia e la lealtà. Coerente con questa ipotesi, molti studi ritenevano che maggiore è la rappresentanza delle donne in un determinato contesto e più basso è il livello di corruzione. L'ipotesi di base di alcune letterature hanno dimostrato che gli uomini sono più orientati all’individualismo dimostrandosi più egoisti rispetto le donne (D. Dollar, R. Fisman e R. Gatti, 1999). Alcune ricerche focalizzate sulle famiglie hanno, inoltre, preso in esame come la Fede possa influenzare le decisioni lavorative di una donna, nelle diverse fasi della sua vita. La donna è la principale responsabile della stabilità familiare e la sua partecipazione alla sfera pubblica è spesso scoraggiata a favore della sua responsabilità domestica. ( J. G. Read 2001). Negli ultimi anni, in modo particolare, i temi delle attività illegali come la corruzione o l'evasione fiscale hanno attirato grande attenzione. Lo scopo di alcuni studi è stato quello di indagare empiricamente se le donne siano più o meno disposte a essere compiacenti- rispetto gli uomini- nei confronti della corruzione e dell’evasione (Queensland University of Technology, School of Economics and Finance, Center for Research in Economics, Management and the Arts, 2010). Questo potrebbe dipendere da una propensione intrinseca alle donne che le porta ad essere meno propense a sacrificare il bene comune per un guadagno personale, seguendo uno standard di comportamento più etico. La corruzione ha un impatto molto negativo sull’economia generale di un paese ed eliminarla sarebbe un grosso vantaggio. Alcune analisi empiriche hanno esaminato la relazione tra genere e corruzione scoprendo che in media le donne sono meno tolleranti degli uomini (V. Alatasa, L. Cameronb, A. Chaudhuric, N. Erkalb, L. Gangadharanb, 2008).
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