Riassunto analitico
Nel presente lavoro si è inteso condurre un’analisi sulla figura del reato di associazione per delinquere (art. 416 c.p.), i cui labili confini hanno portato, nel corso degli anni, a conflitti dottrinali e giurisprudenziali non ancora superati. Dopo un’indagine mirata sull’evoluzione storica del reato collettivo nei codici preunitari e nel codice Zanardelli, la ricerca si è soffermata sugli elementi costitutivi della fattispecie associativa nella sua attuale formulazione e sugli aspetti di affinità con il diverso istituto del concorso di persone nel reato. Si è qui voluto affermare che l’orientamento ermeneutico maggioritario denota nell’art. 416 c.p. un elemento di natura implicita: che l’associazione penalmente illecita sia dotata di una struttura organizzativa. Ciò integrerebbe, unitamente all’indeterminatezza del programma delittuoso il più affidabile criterio distintivo tra la fattispecie concorsuale ed il reato associativo. Il richiamato elemento di discrimine è, tuttavia, inteso in maniera differenziata sia in dottrina, sia in giurisprudenza. A ciò si aggiunge un’inadeguatezza della formulazione dell’art. 416 c.p. tale da ricomprendere una vastità di contesti e di strutture articolate, caratterizzate da fini leciti in toto o in parte. Ecco farsi strada la complessa disamina delle organizzazioni illecite e degli illeciti delle organizzazioni. Occorrerà distinguere le ipotesi in cui la struttura organizzativa sia destinata in via esclusiva alla commissione di atti illeciti, da quelle in cui la commissione di tali atti avviene “in parallelo” allo svolgimento di attività lecite. L’analisi, a questo punto, si scompone in due aree di indagine. Da un lato, vi è l’esigenza di esaminare settori complementari a quello penale, nella ricerca di una definizione puntuale di organizzazione illecita, e di ricercare nella prassi ipotesi di sodalizi criminosi celati da un’organizzazione apparentemente lecita. Dall’altro lato, si ritiene necessario individuare i requisiti di una responsabilità amministrativa da reato degli enti collettivi, specie dopo che il legislatore del 2009 ha introdotto nel d.lgs. 231/2001, quali nuovi reati-presupposto, le fattispecie associative di cui all’art. 24-ter. A seguito di numerosi interventi normativi del “sistema 231” si è dato conto dell’originario modello di ente intrinsecamente criminale, prima rappresentato come ipotesi del tutto eccezionale ed ora delineato come figura destinataria del precetto. Infine, posto il richiamo dei principali reati-fine in materia di criminalità organizzata e dei due reati-mezzo codicistici (art. 416 e 416-bis c.p.), si è voluto dare evidenza dell’estensione incondizionata della responsabilità dell’ente in contesti più ampi rispetto a quelli preventivamente tipizzati dal legislatore, generando contraddizioni e attriti con il principio di legalità.
|