Riassunto analitico
Il lavoro di ricerca ha come principale obiettivo quello di sradicare lo stereotipo secondo cui la persona immigrata, soprattutto se si tratta di una donna, è portatrice di fragilità, problematiche, limiti, non-capacità, destinata ad affrontare situazioni di svantaggio, violenze, sfruttamento sessuale, economico, lavorativo; limitate possibilità e opportunità; un tortuoso percorso di inserimento sociale ed economico all’interno del paese di arrivo, fino a creare l’immaginario della donna migrante poco integrata, poco istruita, non competente, relegata ai margini del tessuto sociale, culturale ed economico. Si è cercato, dunque, di offrire alternative prospettiche a questo modo di narrare il fenomeno migratorio, inserendolo all’interno della cornice teorico-interpretativa del successo, inteso come una possibilità accessibile alle donne e promosso dall’insieme di fattori personali e sociali/contestuali, con lo scopo di creare uno spazio esistenziale positivo nel quale le donne migranti possano percepire come possibile la realizzazione di un progetto migratorio caratterizzato da riscatto, attivismo, agency, emancipazione, inserimento sociale, culturale, economico e lavorativo. Il presente lavoro di ricerca, infatti, parte da un presupposto ben preciso: nonostante le difficoltà iniziali e in itinere che le donne migranti si trovano ad affrontare, grazie alle loro risorse di partenza e alle opportunità offerte dal territorio, possono co-costruire esiti migratori ed esistenziali positivi. I fattori contestuali e ambientali che concorrono a restituire un nuovo sguardo prospettico sul fenomeno migratorio al femminile, caratterizzato da successo ed emancipazione, immettono le loro radici di senso all’interno dell’ampia cornice di riferimento che è quella educativa e pedagogica. In questa sede il termine ‘educazione’ assume un significato molto ampio e indica qualsiasi processo di intervento culturale sugli individui, con lo scopo di farsi carico della persona nel suo complesso per accompagnarla lungo un percorso di crescita, consapevolezza, libertà, empowerment, sviluppo di competenze e potenzialità. La sfera pedagogica prende le mosse dal pedagogista brasiliano Paulo Freire (1921- 1997) ed è intesa come pratica di consapevolezza, coscientizzazione e trasformazione; una pedagogia che fornisce agli individui tutti quegli strumenti necessari per esercitare pienamente la propria libertà e una cittadinanza attiva e consapevole. Secondo tale linea teorica, dunque, tutti quei fattori contestuali che si sono dimostrati funzionali all’inserimento positivo ed effettivo della donna migrante all’interno del tessuto sociale, si inseriscono all’interno di quel terreno fertile costituito dalla pedagogia intesa come pratica di libertà e coscientizzazione. Si è così cercato di individuare quelle pratiche di accoglienza che progettano percorsi e programmi formativi rivolti a donne immigrate e che contribuiscono a realizzare una piena inclusione di queste ultime all’interno del tessuto sociale. Spicca, in particolare, l’Associazione per l’integrazione delle donne (AIW) fondata da Caroline Caporossi e Jessica Rosval, all’interno del territorio modenese. Attraverso lo strumento dell’intervista, rivolto alla fondatrice Caroline Caporossi, e attraverso la raccolta delle autobiografie somministrate alle donne partecipanti ai programmi formativi e lavorativi promossi dall’Associazione stessa, si è visto come quest’ultima si costituisce come modello di buona prassi non solo in Italia ma in tutto il mondo, contribuendo alla formazione di donne migranti, al loro inserimento economico, lavorativo, sociale e culturale. AIW si basa sull’idea che la donna migrante non sia unicamente portatrice di bisogni e difficoltà ma sia una risorsa importante all’interno del tessuto sociale. Le donne, quindi, attraverso strumenti adeguati sono in grado di “mettere radici e rifiorire”.
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