Riassunto analitico
Questa tesi vuole approfondire il tema del Teatro dell’Oppresso di Augusto Boal come strumento educativo rivolto a favorire la creazione e la gestione delle relazioni in contesti multiculturali, intrinsecamente caratterizzati dalla diversità. Gli approfondimenti hanno preso avvio dalla consapevolezza della necessità di riflettere sul nostro sguardo verso l’Altro e di rispondere, attraverso la prassi educativa, alle esigenze di una realtà in continua trasformazione, caratterizzata dall’ibridazione e dalla pluralità. In particolare si dà rilievo alla presa di coscienza delle rappresentazioni soggettive dell’alterità, spesso caratterizzate da stereotipi culturali, prodromici alla formazione di pregiudizi e all’attuazione di comportamenti discriminatori. Il lavoro svolto ruota intorno ad un’analisi della letteratura e una ricerca conoscitiva effettuata tramite interviste semistrutturate a testimoni privilegiati. L’obiettivo è quello di esplorare l’efficacia del Teatro dell’Oppresso, cercando di comprendere più dall’interno cosa fa funzionare questo strumento basato su una conoscenza sensibile, che da centralità al corpo, ai vissuti e al potere trasformativo di ognuno. Augusto Boal, fondatore del Teatro dell’Oppresso, ha tradotto gli assunti pedagogici di Paulo Freire in un metodo teatrale comunitario, strumento di coscientizzazione ed educazione problematizzante, capace di risvegliare i sensi degli individui, creatori della propria cultura. La sensorialità, diventa forma di apprendimento e produzione di conoscenza in un processo educativo attento a tutte le dimensioni dell’essere umano. Tra i numerosi interrogativi ci si è chiesti quali sono i meccanismi profondi di questo dispositivo che consentono di creare un contesto favorevole alla relazione, come il Teatro dell’Oppresso può agire un cambiamento, quale ruolo ha l’arte nel favorire il dialogo, ma anche quali implicazioni ci sono state nell’utilizzo del teatro di Boal durante l’attuale periodo di emergenza sanitaria Covid -19. Si sono così ascoltate, tramite videoincontri su piattaforme online, le riflessioni di persone direttamente coinvolte in esperienze di TdO, indagando vissuti, scelte, motivazioni e percezioni. Attraverso il Teatro dell’Oppresso diventa possibile conoscersi, decentrare lo sguardo, sviluppare l’ascolto, l’osservazione, l’empatia, gestire il conflitto, ma anche prendere coscienza di stereotipi, schemi di comportamento e cornici percettive, per analizzare la realtà e le proprie e altrui oppressioni in un contesto maieutico, di gruppo, non giudicante ed inclusivo. L’universalità del gioco e dei linguaggi artistici, strumenti di conoscenza e trasformazione, trasversali a tutte le culture, la non direttività e la capacità di esplicitare ciò che resta a un livello latente o nascosto sono solo alcune delle caratteristiche evidenziate dagli intervistati come elementi chiave di uno strumento volto a migliorare il rapporto con la diversità, attraverso una presa di coscienza personale. Seppur in misura ridotta, il cambiamento viene riscontrato dagli intervistati a livello individuale o di piccolo gruppo e si costituisce come acquisizione di consapevolezza, momento necessario verso una trasformazione sociale a più ampio raggio. Il TdO è in questa prospettiva, come sostiene uno degli intervistati, riprendendo il pensiero di Giovanni Maria Bertin, «un’occasione per generare dialetticamente possibilità» (Tolomelli, A., 2020, Intervista in Appendice). Un’ opportunità per aprire strade chiuse, esplorare mondi possibili, elaborare esperienze e creare utopicamente i presupposti di una realtà capace di accogliere la diversità.
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