Riassunto analitico
«La bellezza salverà il mondo» esclama il principe nell’Idiota di Dostoevskij. Interrogandosi a partire dalla provocazione dello scrittore russo circa la possibilità di recuperare la centralità del valore salvifico della Bellezza nella società contemporanea, si riflette sul ruolo della scuola all’interno di questa sfida. Senza illudersi di fornire una definizione chiara e univoca della Bellezza, si offre inizialmente una panoramica storica delle idee, dei problemi e delle teorie riguardo il Bello, da sempre un valore che interroga l’uomo. Entrando in contatto con il paradigma della Bellezza in tutte le sue sfaccettature, senza risparmiarsi contraddizioni e paradossi, ci si accorge che il traguardo raggiunto è la necessità di considerare la Bellezza un valore universale e poliedrico, che travalica i confini dell’arte, in quanto essa è principio ultimo del nostro orientamento nel mondo, senza il quale non possiamo interpretare e conoscere la realtà. Oggi non è facile riflettere sul bello. Viviamo all’interno di una società che ha smarrito ogni punto di riferimento, segnata profondamente dalle ideologie e dal relativismo: nell’epoca dell’individualismo e del narcisismo, che esasperano il concetto dell’io finendo per perdere di vista l’unicità della persona, la cultura moderna tende ad esaltare il successo e l’efficienza come i soli scopi dell’essere umano; in questo contesto funzionalistico, il soggetto è privato della sua libertà e la ricerca del bene, del vero e del buono è sempre meno d’orientamento per l'uomo. All’interno di questo quadro complesso e a tratti sfiduciante, occorre affermare con certezza che non solo è lecito e utile continuare a parlare di bellezza oggi, ma è necessario e doveroso per combattere tutti i rischi che l’uomo si trova ad affrontare; in particolare questo è compito primario degli insegnanti. Ripartendo dal bello come valore al contempo sociale, politico e culturale, la scuola rappresenta una grande opportunità, in quanto ha l’occasione di prendersi a cuore lo sviluppo dei bambini e dei ragazzi come esseri umani completi, con l’obiettivo di guidare ciascuno di loro alla ricerca dell’io più autentico, unico e profondo. Per raggiungere questo obiettivo, le vie del bello a scuola sono molteplici: guidare all’esplorazione interiore, avere a cuore il talento, recuperare lo stupore e la meraviglia come cifre essenziali della conoscenza del mondo, educare alla competenza emotiva e alla cura dell’altro e spingere l’allievo alla curiosità e all’amore per il vero. Tra i tanti itinerari del bello ce n’è uno che spesso viene trascurato e che andrebbe a tutti gli effetti recuperato nella didattica: la matematica. Oggi si parla addirittura di matofobia riferendosi alla paura e all’antipatia nei confronti di questa disciplina. Le rappresentazioni che gli studenti hanno riguardo l’apprendimento della matematica ci restituiscono una panoramica che mostra la prevalenza dei formalismi e delle regole private totalmente degli aspetti creativi e intuitivi propri della disciplina. Per questo è sempre più importante recuperare quel rapporto tra matematica e bellezza che è stato messo all’angolo dalle stesse istituzioni scolastiche. Viene quindi indagata la relazione tra la matematica e la bellezza, prima attraverso l'esplorazione dei punti di contatto che l'espressione artistica e quella matematica hanno avuto nel corso dei secoli, poi osservando come alcune scoperte scientifiche o l'eleganza di alcune formule e teoremi dimostrino l'esistenza di un'estetica propria della matematica da riscoprire e valorizzare a scuola. In particolare, si propone una riflessione su due strategie didattiche che permettano di recuperare la dimensione di stupore e meraviglia e lo spessore creativo della matematica: il gioco e la narrativa, la quale valorizza l’utilizzo della metafora e del racconto come forma di espressione del linguaggio matematico.
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