Riassunto analitico
Il segreto confessionale (o sigillum confessionis) è uno degli elementi fondamentali del sacramento della Penitenza. Questo, regolato dalle norme della Chiesa, nel corso dei secoli ha subito diverse trasformazioni di carattere teologico – giuridico fino a diventare quello che oggi conosciamo, cioè un atto di riconciliazione conseguente ad una mancanza grave compiuta da un soggetto che, dopo il battesimo, è divenuto parte di una grande comunità, la Chiesa. Tra le norme ecclesiastiche da citare in merito, oltre al concilio Lateranense IV che ha formalmente istituzionalizzato il sacramento, dal punto di vista teologico fondamentali sono quelle uscite dal concilio di Trento il quale ha saputo cristallizzare gli elementi fondamentali del sacramento stesso che sono giunti, inalterati, sino ai giorni nostri. Le norme prodotte nei secoli successivi sono poi confluite nel Codex Iuris Canonici del 1917 e, a seguito delle novità pastorali sviluppatesi nel concilio Vaticano II, all'interno del nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983. Rilevante è, inoltre, una importante legislazione extra codicem di recentissima emanazione. In generale, il rapporto che si instaura tra ministro di culto e fedele è particolarmente intimo; esso, culmina con la rivelazione di notizie o informazioni che il penitente vuole rimangano riservate e che il sacerdote ha l’obbligo di non rivelare. Tali notizie, nell'ordinamento canonico, sono coperte dal segreto confessionale che, ai sensi del can. 983, § 1, è inviolabile. In caso di violazione, colui che ha l’obbligo di mantenere il segreto subisce la sanzione della scomunica latae sententiae così come stabilito dal can. 1388. Al segreto, ai sensi del § 2 del canone 983, sono tenuti anche coloro che, per qualsiasi motivo, siano venuti a conoscenza delle rivelazioni fatte durante il sacramento. Per questi soggetti, la sanzione varia in base alla gravità del delitto commesso, non esclusa la scomunica . Nell'ordinamento ecclesiastico esistono altre forme di segreto, tutelate dalla legislazione canonica in maniera meno intensa. La minore intensità di tutela dipende, sostanzialmente, dal fatto che le notizie apprese non sono state rivelate all'interno di un sacramento. Questo determina una differenza di sanzione a cui incorre il soggetto che rivela notizie coperte dal segreto. In entrambe i casi le pene sono variabili ma non raggiungono mai la scomunica. L’ordinamento italiano tutela altresì il segreto. Ne esistono diversi, a seconda della modalità con cui l’informazione riservata viene a conoscenza del soggetto che ne diviene portatore: professionale, d’ufficio, di Stato. Le norme che garantiscono il segreto sono sostanzialmente tre: l’art. 15 Cost. che tutela la segretezza delle comunicazioni in qualunque forma avvengano; l’art. 622 c.p. che punisce la rivelazione del segreto professionale; l’art. 200 c.p.p. che consente a determinate categorie di astenersi dalla testimonianza. Nel caso di specie, il segreto dei ministri di culto della religione cattolica è tutelato anche da una norma di natura pattizia, la legge 121/1985 di revisione del Concordato Lateranense ove, all’art. 4, comma 4 si prevede una norma speciale di astensione dalla testimonianza dei ministri per ciò che hanno conosciuto nell’esercizio del proprio ministero. Scopo di questa tesi è identificare la natura del segreto confessionale, comprendere per quale motivo esso sia inviolabile nell'ordinamento canonico, paragonarlo alle diverse forme di segreto presenti nell'ordinamento giuridico italiano, valutare se questo, così come tutelato dall'ordinamento canonico, riceva lo stesso grado di protezione anche dalle norme italiane; se, in caso di lesioni di diritti costituzionalmente tutelati, le norme canoniche e quelle italiane prevedano che il segreto possa essere rivelato e quali orientamenti, dottrina e giurisprudenza, esprimano in merito.
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