Riassunto analitico
Si vorrebbe leggere Nati due volte di Giuseppe Pontiggia come esempio di narrativa che definiremo “speciale”, per analogia con la pedagogia “speciale” ed in funzione complementare con essa; mentre infatti la pedagogia speciale affronta il tema della disabilità e della malattia con un intento di categorizzazione concettuale, ed ha quindi bisogno di generalizzare, la narrativa interviene ad offrire uno sguardo sempre individuale, mettendoci di fronte ad un caso singolo, irriducibile e mai categorizzabile. Ciò è tanto più evidente quanto più la narrazione è frutto di un’esperienza diretta, come nel caso di Pontiggia. In questo caso, infatti, la narrazione della disabilità da parte dell’io narrante apre una doppia finestra conoscitiva del mondo: una finestra sulla malattia, su una più precisa e completa conoscenza della disabilità nelle forme individuali in cui si manifesta, e l’altra su chi la racconta, su una più profonda conoscenza di sé, del Sé narrante, che attraverso un doloroso percorso di maturazione e di accettazione della malattia si riconcilia con la vita. Stiamo utilizzando in modo estensivo il termine “malattia”, mentre va precisato che la disabilità non è propriamente una malattia, o non lo è sempre; quello che però qui importa è la constatazione che essa viene recepita come tale da chi ne è affetto e più ancora dalle persone che gli stanno vicino o che si prendono cura di lui. Ai fini della narrazione, lo sguardo sulla disabilità da un punto di vista soggettivo, per quanto necessariamente parziale, offre una prospettiva più ricca e sfaccettata di una imparziale lettura scientifica o medica. Il trauma della disabilità, e della malattia, costringe a confrontarsi con il tema del corpo e dei suoi limiti invalicabili, della ricerca, dell’acquisizione e della perdita di identità che avvengono proprio attraverso i mutamenti del corpo. Solo attraverso il corpo noi entriamo a contatto con la realtà esterna e possiamo conoscerla, e solo attraverso il corpo entriamo in contatto con la nostra realtà interna. In Nati due volte il padre è una delle tante persone che si godono quello che Robert Murphy definì “il silenzio della salute” dando per scontato il perfetto funzionamento dell’organismo; per lui all’inizio sarà uno shock sperimentare nella disabilità del figlio l’impotenza di fronte alla tirannia del corpo, l’umiliazione di sentirsi succubi dei soprusi della natura. Dalla lenta acquisizione dei dati reali e dall’accettazione della realtà, in cui è il figlio a precedere il padre, si costruisce un doppio romanzo di formazione: del figlio, che arriverà a conquistare autonomia e fiducia nel futuro, e del padre, che imparerà ad amare di un amore più vero, trasformando una condanna in opportunità. Ma c’è un altro piano su cui va letto Nati due volte, ed è il confronto con la medicina narrativa, così come è stata definita e descritta nel fondamentale studio di Rita Charon. Il confronto potrà essere svolto mettendo in luce gli elementi di analogia e quelli di contrasto. Anche in Nati due volte la narrazione medica avviene, come in molti casi messi in rilievo dalla Charon, in modo distaccato, asettico, che a volte può essere percepito come ostile; per questo sarà a maggior ragione decisiva quella volta in cui la comunicazione avverrà in modo onesto ed empatico, come evidenzieremo in sede di analisi del testo.
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