Riassunto analitico
L’idea ispiratrice di questa ricerca può essere sintetizzata nelle categorie di natura e cultura. L’intero impianto cerca di comprendere se specifici comportamenti dell’uomo abbiano origini ereditarie o ambientali. Al centro di tali comportamenti vi è il gesto come precursore del linguaggio verbale, gesto che nel bambino, come anche nei nostri antenati (le scimmie antropomorfe) è il deittico. Uno dei primi gesti su cui si è posta l’attenzione è il contare: esso compare all’inizio della storia personale dell’uomo e sembra sopravvivere in ogni individuo – embodied. Il bambino di pochi mesi possiede l’uso inconsapevole del linguaggio gestuale, che diviene sempre più complesso. Il cuore della progettazione, nonché dell’intera tesi nasce da una riflessione: è corretto negare l’utilizzo delle dita per contare ai bambini? Molti adulti tendono ad allontanare il bambino da questa pratica. Negli studi del corso di laurea ho compreso come questi educatori stiano privando l’alunno di un importante strumento. Il percorso di questa tesi cerca di rispondere a tale dubbio attraverso un’indagine in cui le basi teoriche sono state provate con una sperimentazione condotta con bambini di 3 anni nella Scuola dell’Infanzia. Scopo della sperimentazione è stato dimostrare l’importanza dei gesti, e in particolare del contare con le dita, nell’apprendimento matematico, e indagare il vantaggio dell’insegnamento visuale rispetto al tradizionale. E’ stato osservato sin dall’antichità che le dita sono utilizzate come precursori della comunicazione e, in particolare, dell’apprendimento matematico. Successivamente ho compiuto un giro del mondo nella storia alla ricerca di quelle manifestazioni proprie di ogni popolo, cogliendo nelle differenze una costante: il contare con le dita è sempre presente, è uno strumento culturale di apprendimento che genera altro sapere. Contare con le dita quindi come strumento culturale ed ereditario, eppure data l’universalità della sua presenza la sua origine non può che essere naturale. È infatti ormai noto come l’utilizzo delle dita stimoli l’attivazione di più aree del cervello che diversamente non sarebbero utilizzate per quel fine, e che tali aree sono alla base del sapere matematico. Il coinvolgimento e la sollecitazione di determinate zone del cervello portano a riflettere sui modelli di apprendimento alla base di un sapere matematico. A tal proposito non è possibile prescindere dal pensiero piagetiano o dai principi del contare di Gelman e Gallistel, avendo tuttavia ben presente come tali modelli abbiano trovato detrattori che li hanno confutati. Quindi si è compreso come l’utilizzo e il valore delle dita siano profondamente legati nell’apprendimento del sapere matematico, anzi è la stessa finger gnosia ad essere connessa con specifiche aree cerebrali. Attraverso l’analisi della mediazione semiotica è stato possibile comprendere come il sapere matematico possa essere facilitato nell’insegnamento dall’utilizzo delle dita intese come artefatto. Il percorso sperimentale oggetto di questa tesi, nonché del mio tirocinio finale, ha attuato esercizi di visual mathematics e di conto con le dita, indagando se nei bambini di 3 anni grazie all’utilizzo della gestualità e dell’approccio di visual mathematics si riescano a far emergere le competenze di matematica embodied e possano affiorare capacità numeriche che non sarebbero altrimenti insegnabili. Fondamenta dell’impianto sperimentale sono le riflessioni di un gruppo di ricerca dell’Università di Stanford. Al termine della sperimentazione si è rilevato come il training proposto abbia condotto a miglioramenti in molteplici aree cognitive, avvalorando le proposte di visual mathematics. L’utilizzo delle dita si è dimostrato strumento di potenziamento delle competenze matematiche.
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