Riassunto analitico
Gli enzimi sono macromolecole biologiche, di natura proteica che svolgono importanti azioni catalitiche. Talvolta, in alcune patologie, spesso su base ereditaria (e.g. mucopolisaccaridosi, malattia di Fabry, malattia di Pompe), il funzionamento di un particolare enzima è compromesso con gravi conseguenze su tutto l’organismo. Oggi è possibile trattare alcune di queste patologie (e.g. sindrome di Gaucher, sindrome di Hunter) attraverso la cosiddetta terapia enzimatica sostitutiva (ERT) che consiste nell’infusione endovenosa dell’enzima ricombinante deficitario. Tuttavia, l’utilizzo farmacologico di enzimi ricombinanti pone inevitabilmente una serie di ostacoli legati alle caratteristiche chimico-fisiche di queste molecole. Alcuni di questi limiti sono lo scarso grado di permeabilità attraverso i tessuti, la possibile degradazione ad opera di altri enzimi proteolitici, le reazioni di immunogenicità, nonché l’impossibilità di raggiungere il distretto anatomico cerebrale, spesso compromesso in queste patologie. L’ostacolo principale, in questo contesto, è rappresentato dal superamento della barriera emato-encefalica (BEE). Ecco che l’impiego di sistemi nanometrici di delivery e di targeting può essere proposto come strumento per migliorare sensibilmente gli effetti della ERT. Il mio lavoro di tesi si è focalizzato sullo studio tecnologico per ottimizzare l’incapsulazione di enzimi all’interno di nanoparticelle polimeriche (NPs). Inizialmente sono state allestite formulazioni nanoparticellari modificando le condizioni formulative e saggiando la capacità di incapsulare in modo stabile e conservativo (dell’attività enzimatica) la β-Glucosidasi, un enzima modello più economico dell’enzima terapeutico. Si è valutata la perdita di attività enzimatica durante la formulazione, soprattutto in relazione al processo di sonicazione e all’utilizzo di solvente organico. Per migliorare efficacia e stabilità di incapsulazione si è ricorsi all’uso di stabilizzanti: nello specifico sono stati testati albumina sierica bovina (BSA), trealosio e polietilenglicole 400 (PEG400). Dallo studio è emerso che l’impiego di BSA durante la formulazione assicura una maggiore stabilità enzimatica nonché una maggiore efficienza di incapsulazione (EE%) nei sistemi particellari. Le concentrazioni di BSA che permettono di ottenere i risultati migliori in termini di EE% (tra il 30 e il 40%) corrispondono a 5% e 10% (ovvero BSA 50 mg/ml e 100 mg/ml). Inoltre, un confronto tra NPs caricate con enzima modello, con o senza la presenza di BSA a diverse concentrazioni (NPs-Bglu vs NPs-Bglu_BSA 5-10-20%), è stato condotto attraverso studi di rilascio sia a pH fisiologico (7.4) sia a pH lisosomiale (4.6) . Anche da tale confronto è emerso che le NPs con BSA 5 e 10% risultano essere le formulazioni migliori, poiché assicurano una stabilità e una attività enzimatica significativamente più alta rispetto alle altre NPs. In conclusione, le modalità di formulazione ottimizzate in questo lavoro di tesi potrebbero rappresentare un buon punto di riferimento per future applicazioni nell’incapsulazione di enzimi terapeutici e garantire pertanto una maggior efficacia farmacologica.
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