Riassunto analitico
L’art. 186-bis l .fallim. si presenta, come norma incentivante alla conservazione del complesso aziendale ; esso definisce come ”concordato in continuità aziendale” la fattispecie concordataria che si realizza nei casi in cui il piano di concordato ex art. 161 l. fallim. “prevede la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione” (art. 186-bis, primo comma, l. fallim.). Il piano di concordato (comprensivo sia del piano finanziario che di quello industriale) deve essere costruito utilizzando le note prassi professionali per la redazione dei business plan. In tale mutato contesto, assume un ruolo di primaria rilevanza il professionista chiamato a redigere la relazione di cui all’art. 161 comma 3 l.fallim., attestante la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, che accompagna la domanda di concordato preventivo presentata dal debitore. Poiché la prospettiva che ha ispirato le riforme della disciplina fallimentare susseguitesi dal 2005 in poi è «quella di incentivare l’impresa a denunciare per tempo la propria situazione di crisi», l’esecutivo è intervenuto mediante l’introduzione di regole innovative secondo quanto previsto dal comma 1 e 2 dell’art. 182-quater sensi del secondo comma dell’art. 182-quater. Per favorire la continuazione dell’attività d’impresa, il Legislatore ha poi introdotto l’art. 169-bis l. fallim., integrato dall’art. 186-bis, 3°, 4° e 5° comma l. fallim. (per l’ipotesi di concordato con continuità aziendale) e dal quarto comma dell’art. 182-quinquies l. fallim. Inoltre, l’ammissione al concordato, per il quarto e il quinto comma dell’art. 186-bis, l.fallim a) “non impedisce la continuazione di contratti pubblici” ( b) “non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici”, L’art. 186-bis, al comma 2 , lett. c) l.fallim. dispone poi che, nel concordato con continuità aziendale, “il piano può prevedere, fermo quanto disposto dall’articolo 160, secondo comma, una moratoria fino a un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. In tal caso, i creditori muniti di cause di prelazione di cui al periodo precedente non hanno diritto al voto”. Infine, il già citato art. 186-bis l.fallim, sancisce, al sesto e ultimo comma, che la revoca del concordato stesso possa essere espletata, a norma dell’art. 173 l.fallim., in due casi principali: 1. cessazione dell’attività d’impresa; 2. manifestata dannosità della procedura per i creditori. La revoca del concordato è poi condizionata alla possibilità, fatta per il debitore concordatario, di modificare la proposta. La stessa può essere formulata dall’imprenditore tanto in senso migliorativo quanto in senso peggiorativo, purché la relazione del professionista attestatore, prima e quella del commissario giudiziale, poi, accompagni sempre le modifiche sostanziali della proposta e del piano.
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