Riassunto analitico
Molte aziende del settore FMCG, sin dagli inizi adottano una strategia di “house of brands” nella quale ogni brand del portfolio è indipendente e non ha legami con la marca corporate, offrendo importanti benefici alle aziende caratterizzate da un portfolio ampio e diversificato. Trattandosi di multinazionali che commercializzano più marche all’interno della stessa categoria merceologica, le quali gestiscono prodotti che hanno molta difficoltà a differenziarsi poiché soddisfano bisogni analoghi. Per contrastare la tendenza alla commoditisation causata dall’incessante omologazione dei prodotti sia sotto l’aspetto tecnologico che funzionale, è fondamentale per i brand managers far leva sul potere della marca e adottare adeguate strategie di branding. A tal fine, è necessario che il portfolio aziendale sia gestito in modo dinamico; creare una marca può sì attrarre nuovi segmenti di consumatori, ma comporta degli alti costi all’azienda. Infatti, sono frequenti i casi in cui i brand managers si impegnano nella rivitalizzazione di marche esistenti e nell’offrirle in una versione aggiornata, semplificata o ampliata. Nel contesto attuale si registrano dei cambiamenti nella struttura gerarchica tra corporate e product brand che producono degli effetti significativi sull’immagine di alcuni prodotti e sulla natura del corporate brand; negli ultimi anni, le molte aziende operanti nel settore FMCG stanno adottando strategie di corporate branding mediante le quali hanno l’obiettivo di far emergere l’identità aziendale. In tale prospettiva, si cerca di sfruttare il valore dei product brands per trasferire le loro associazioni al corporate brand; i valori, le caratteristiche, il livello di qualità ad essi associati da parte del consumatore sono tutti elementi che potrebbero essere trasferiti al corporate brand nel momento in cui viene riconosciuto il loro legame. Questa trasferibilità di associazioni in senso verticale, dai product brands verso il corporate brand, è un tema molto attuale e sono pochi gli studi a riguardo. Proprio per questo, il presente lavoro ha l’obiettivo d’indagare il passaggio di P&G dall’adozione di una strategia “house of brands” a una “branded house”, con lo scopo d’individuare il livello d’influenza tra il valore dei singoli product brands e quello di P&G e se questo sia differente a seconda del numero di brands e il fit di categoria percepito. Il valore dei brands è stato valutato in termini di Customer Brand Based Equity (CBBE)la struttura delle conoscenze dei consumatori relative ai valori e agli attributi associati al corporate brand può subire dei cambiamenti, in seguito ad attività legate al corporate brand, si utilizzano due differenti prospettive teoriche: book-keeping e sub-typing. Tali approcci aiutano a verificare se il soggetto, qualora riconosce un forte legame tra corporate brand e determinati product brands, segue il processo di Bookkeeping mediante il quale il valore riconosciuto a P&G aumenta all’aumentare dei product brands di cui il soggetto riconosce un legame con il corporate brand. Diversamente,mano a mano che il numero di legami tra i brands riconosciuti dal soggetto aumenta, subentra il processo subtyping mediante il quale il valore di P&G viene meno ancorato ai product brands perché i soggetti hanno confusione sui troppi legami, o magari percepiscono un’incoerenza tra le categorie. Lo studio permette di capire quale sia la strategia vincente per un’azienda house of brands che persegue l’obiettivo di affiancarsi ai product brands sfruttando il loro valore, considerando il numero di product brands su cui si vuole far leva e la loro coerenza di categoria percepita.
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