Riassunto analitico
I vaccini rappresentano una strategia di prevenzione primaria delle malattie infettive. L’adozione di pratiche di immunizzazione ha consentito di debellare molte malattie nel corso degli anni, registrando, al contempo, una riduzione dei tassi di morbilità-mortalità e della spesa sanitaria. Nonostante i benefici che se ne possono trarre, diverse barriere, personali o sociali, ostacolano l’adesione sia alle vaccinazioni obbligatorie che a quelle raccomandate. Ma non vaccinarsi può voler dire favorire la diffusione delle patologie all’interno della società. Pertanto, uno strumento essenziale che può essere sfruttato è quello della corretta comunicazione ed educazione sanitaria che consenta il raggiungimento di un bene comune e condivisibile, la cosiddetta “immunità di gregge”. Tra gli operatori sanitari coinvolti in prima linea rientra la figura del farmacista. Sin dal passato coinvolto in un ruolo di educatore sanitario, la fiducia nella figura del farmacista ha consentito di registrare alti tassi di partecipazione alle campagne di immunizzazione, quantomeno nei confronti delle patologie più comuni. Se le normative in varie aree del mondo ammettevano, sin dal passato, il ruolo di un farmacista “immunizzatore”, in Italia il ruolo è stato riconosciuto solo di recente, abolendo le limitazioni riportate nella legislazione vigente in precedenza in ambito del servizio farmaceutico. Per rafforzare, in piena emergenza sanitaria Covid-19, la rete di immunizzazione sul territorio, le novità introdotte dalle recenti normative hanno consentito al farmacista di somministrare vaccini nelle farmacie aperte al pubblico, anche senza supervisione medica, previa frequentazione di un corso di formazione ad hoc. Dalle novità introdotte emerge, quindi, quanto sia essenziale nelle campagne vaccinali il ruolo del farmacista, che può contribuire, come educatore sanitario, vaccinatore e nella raccolta di eventuali segnalazioni avverse (vaccinovigilanza), al raggiungimento della copertura immunitaria della società.
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