Riassunto analitico
Il carcinoma epatocellulare (HCC) è un tumore ampiamente diffuso in tutto il mondo, con milioni di nuovi casi e più di un milione di decessi ogni anno. Nella scala dei tumori a livello globale occupa il sesto posto per diffusione e il secondo per la mortalità. Ha un’incidenza superiore nel genere maschile rispetto al femminile con un rapporto di quasi 2:1 e aumenta con il progredire dell’età. Si può sviluppare in seguito a infezione da virus dell’epatite, fegato cirrotico e steatosico derivanti da stili di vita non corretti. La patofisiologia dell’HCC è un processo complesso, gli eventi genetici che contribuiscono alla sua iniziazione e progressione possono essere genomici, epigenetici o trascrizionali. Le mutazioni possono avvenire sia a livello delle cellule staminali epatiche che a livello degli epatociti maturi. Una delle alterazioni genetiche più comuni nel carcinoma epatocellulare è a carico del promotore dell’enzima telomerasi trascrittasi inversa catalitica (TERT) ed è presente nel 61% dei tessuti HCC e nel 19% dei noduli premaligni. Il carcinoma epatico primario si origina nel fegato, si definisce invece tumore secondario quando deriva da metastasi da organi secondari. Sfortunatamente è un tumore silente, quando i sintomi sono conclamati si è già in uno stadio avanzato della malattia. Ad esempio, uno dei sintomi più evidenti e chiari della compromissione delle funzionalità epatiche è l’ittero. Per abbattere l’incidenza dell’HCC è possibile fare prevenzione a tutti i livelli: in primis occorre condurre uno stile di vita sano con un’alimentazione equilibrata, ricca di fibre, frutta e verdura che hanno mostrato attività antitumorali, antiossidanti e antiinfiammatorie. Visto il ruolo chiave del virus dell’epatite nell’HCC occorre prevenire l’infezione attraverso una campagna vaccinale estesa. Per aumentare l’efficacia della terapia è fondamentale diagnosticare il più tempestivamente possibile l’HCC. Indubbiamente occorre attuare una sorveglianza mirata nelle fasce di popolazione più a rischio, ad esempio pazienti con epatite e con cirrosi di origine non virale. Un ruolo fondamentale è ricoperto dagli screening oncologici con lo scopo di individuare il più precocemente possibile la patologia. Il tumore può essere diagnosticato attraverso esami del sangue specifici, esame obbiettivo del medico attraverso palpazione dell’addome, ecografia con mezzo di contrasto, risonanza magnetica, tomografia computerizzata e biopsia. Per la valutazione della gravità dell’HCC possono essere utilizzati marker differenti che aiutano nella diagnosi e nella stadiazione del tumore, fondamentale per pianificare la terapia e migliorare la prognosi. Il trattamento del tumore dipende dalla sua gravità; le terapie a disposizione possono essere distinte in locali e sistemiche. Fanno parte delle terapie locali: resezione, trapianto ortotopico, ablazione, chemioembolizzazione transarteriosa e radioterapia. Tra le terapie sistemiche si annovera la terapia molecolare mirata che è basata sull’inibizione delle tirosinchinasi, enzimi coinvolti nei processi di oncogenesi, che comprende sorafenib: il primo farmaco approvato dalla Food and Drug Administration per il trattamento del tumore del fegato che è ancora oggi ampiamente utilizzato. Altri trattamenti sistemici sono: l’immunoterapia basata sull’inibizione dei checkpoint immunitari (ICI), la terapia di combinazione tra farmaci anti-angiogenici con ICI oppure combinazione tra terapia locale e sistemica. Il continuo sviluppo di nuove terapie mirate e immunoterapie, da sole o in combinazione con terapie locali, è di grande importanza in clinica per controllare la progressione della malattia, migliorando la qualità della sopravvivenza dei pazienti in tutti gli stadi dell'HCC.
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