Riassunto analitico
La malattia di Alzheimer (AD) è una patologia neurodegenerativa progressiva che colpisce oltre 46 milioni di persone al di sopra dei 65 anni in tutto il mondo. I sintomi più comuni nell’AD sono sia cognitivi, ovvero perdita di memoria, difficoltà nel linguaggio e perdita dell’orientamento, che funzionali come difficoltà nello svolgere attività di vita quotidiana. Sebbene l’eziologia dell’AD non sia stata ancora del tutto chiarita, numerose evidenze scientifiche suggeriscono che processi neuroinfiammatori mediati dalle cellule microgliali siano associate alla progressione dell’AD. La neuroinfiammazione è una risposta fondamentale del sistema nervoso centrale non solo verso insulti acuti, ma anche nelle malattie neurodegenerative croniche. Questo è particolarmente vero nell’AD, dove la gravità della risposta neuroinfiammatoria va di pari passo con il decorso della malattia. La neuroinfiammazione infatti può essere considerata parte della triade caratteristica della patologia dell’AD che include la presenza di placche extracellulari, ovvero aggregati di peptide beta-amiloide (Aβ), ed aggregati intracellulari di proteina Tau iperfosforilata che forma grovigli neurofibrillari. Diversi studi hanno dimostrato che il peptide Aβ è in grado di indurre la produzione di diversi mediatori dell’infiammazione, tra cui citochine proinfiammatorie e chemochine, legandosi a recettori di superficie delle cellule microgliali. Sempre più studi hanno l’obiettivo di chiarire il ruolo della microglia, cellule immunitarie residenti del sistema nervoso centrale, nell’AD. In questo lavoro di tesi sono stati valutati i livelli di espressione delle principali citochine pro infiammatorie (IL1β, IL6, TNFa), di TGF-1β e del relativo recettore e infine di CX3CL1 e del suo recettore nella linea cellulare microgliale murina BV-2, un modello sperimentale consolidato per imitare la neuroinfiammazione nella microglia primaria. In particolare, le cellule sono state esposte per 6 o 24 ore al peptide Aβ1-42 (1uM). Inoltre sono stati valutati gli effetti trascrizionali del cotrattamento Aβ1-42 (1uM) + carnosina (20mM) nelle medesime condizioni sperimentali. La carnosina (β-alanina-L-istidina) è un dipeptide naturale ampiamente distribuito nei tessuti dei mammiferi che si trova in concentrazioni particolarmente elevate (millimolare) nel cervello, nei muscoli scheletrici e cardiaci (20mM). La carnosina presenta proprietà neuroprotettive attraverso diversi meccanismi come la prevenzione dello stress ossidativo e in modelli transgenici di AD è stata in grado di ridurre l’accumulo intraneuronale di Aβ e di inibirne l’aggregazione. Dai nostri risultati emerge che: 1. La carnosina in cellule esposte ad Aβ aumenta significativamente l’espressione di IL1β rispetto a quelle trattate solo con Aβ sia a 6 che 24 ore 2. Il co-trattamento con carnosina non influenza gli effetti di Aβ sui livelli di espressione di IL6 e TNFa a 6 o a 24 ore. 3. La carnosina in cellule microgliali esposte ad Aβ reverte gli effetti trascrizionali su TFG-1β e sul suo recettore rispetto a quelle trattate solo con Aβ a 6 ore, ma non a 24 ore. 4. Nelle cellule co-trattate per 6 ore con carnosina e peptide Aβ si osserva una upregolazione dei livelli di mRNA codificanti per Cx3CL1 rispetto alle cellule trattate con il solo peptide Aβ. Questo effetto non si osserva alle 24 ore. In conclusione in un modello di infiammazione indotto da Aβ, la carnosina può modulare la trascrizione di IL1β, TGF-1β, Cx3CL1 ed i loro rispettivi recettori. Studi futuri saranno necessari per approfondire gli effetti molecolari di carnosina sulle vie di signalling di TGF-1β e di Cx3CL1, questo composto attraverso il suo meccanismo d’azione può rappresentare un nuovo strumento farmacologico di neuroprotezione nella malattia di Alzheimer.
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