Riassunto analitico
Introduzione. Nell’assistenza alla nascita esistono situazioni cliniche, come le emergenze che, indipendentemente dall’esito, negativo o positivo, lasciano un segno traumatico nella donna, in chi l’accompagna e negli operatori. La revisione clinica di questi eventi risulta essere incompleta e non pienamente utile ai fini del miglioramento della qualità assistenziale se vengono ignorate le dimensioni emotive e i vissuti degli operatori coinvolti. Obiettivi. Indagare le esperienze dei professionisti relative ad eventi da loro stessi definiti “traumatici” in sala parto. Evidenziare i fattori che favoriscono la rielaborazione di questi eventi e le modalità di supporto attivate all’interno dell’organizzazione che consentono al professionista di mantenere un’assistenza appropriata. Individuare criticità e carenze nella gestione delle dimensioni emotive delle diverse professionalità coinvolte. Proporre modalità di gestione delle emergenze e degli eventi traumatici in sala parto e nei momenti successivi che consentano una rielaborazione positiva degli eventi. Metodo. Studio qualitativo fenomenologico che prende in esame le narrazioni di 13 professionisti della nascita, ostetriche, ginecologi, neonatologi, raccolte tramite interviste semi-strutturate, registrate, trascritte e analizzate individuando macro aree tematiche. Risultati. Sono emerse 3 macro aree tematiche comuni a tutte le professionalità: 1) scarsa formazione sull’emergenza ostetrica; 2) la comunicazione con genitori e familiari dei neonati ricoverati e/o con esiti viene gestita dalla figura del neonatologo; 3) la gestione dell’emergenza e la sua rielaborazione, migliora con l’esperienza. Per i neo professionisti, un evento traumatico è di più difficile gestione. Macroaree comuni peculiari di ciascuna professionalità: per le ostetriche, la relazione empatica instaurata con la donna durante il travaglio, amplifica il sentimento di colpa quando si verifica un’emergenza o evento traumatico. Le ostetriche, dopo l’evento, manifestano forti difficoltà nel mantenere la comunicazione con la donna e chi l’accompagna. Ostetriche e ginecologi riportano una forte necessità di parlare di ciò che è accaduto nelle immediate ore dopo l’evento, di cercare un confronto con i colleghi e rivedere la sequenza dei fatti. I neonatologi intervistati non definiscono la rianimazione di un neonato asfittico per sofferenza intrapartum come evento traumatico in quanto si tratta di una seuqenza assistenziale ben codificata in cui “le emozioni restano fuori”, mentre il carico maggiore è rappresentato dal momento del trasferimento del neonato in neonatologia. Conclusioni. Ostetriche e ginecologi necessitano che l’evento traumatico venga riconosciuto come tale e preso in carico dall’organizzazione; emerge la necessità di essere guidati in una rilettura dell’evento che consideri sia gli aspetti clinici che le dimensioni emotive. Gli operatori esplicitano un forte bisogno formativo relativo al lavoro in equipe nella gestione delle emergenze. La formazione dev’essere multidisciplinare e continua al fine di standardizzare sempre più il processo assistenziale sia durante l’emergenza che nei tempi ad essa successivi. Occorre lavorare sulla comunicazione con i genitori preferendo una comunicazione coerente e concordata all’interno dell’equipe, piuttosto che passaggi di informazione frammentati provenienti da diversi operatori. Implicazioni per la ricerca. Potrebbe essere utile introdurre insegnamenti/training multidisciplinari sull’emergenza in sala parto, sia nella formazione di base universitaria, a tutt’oggi assenti, che nella formazione post base. È auspicabile al contempo, che le organizzazioni attivino sistematicamente defusing e debriefing dopo ogni evento traumatico.
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