Riassunto analitico
Negli ultimi decenni si sono verificati mutamenti che hanno riguardato sia la natura demografica della nostra società, sia il mondo del lavoro e hanno portato a una precarizzazione delle relazioni e dei vincoli familiari, oltre che a un’instabilità delle carriere lavorative. A fronte di tali mutamenti diventa sempre più importante il ruolo dello Stato nel garantire una protezione da quei rischi cosiddetti sociali (disoccupazione, vecchiaia, disabilità). Questo è il motivo per cui la spesa pubblica si occupa in gran parte di soddisfare alcuni bisogni fondamentali dell’uomo. Una delle voci della spesa pubblica per l’assistenza sociale è rappresentata dalla Social Card, una Carta Acquisti introdotta nel 2008 come strumento di contrasto alla povertà. Si tratta di una carta prepagata del valore di 40 euro al mese a cui hanno diritto le famiglie che rispettano alcuni requisiti di natura economica (coloro che hanno un Isee inferiore a una certa soglia) e di natura anagrafica (ultrasessantacinquenni e bambini con meno di tre anni). In particolare, il requisito dell’età sembra rendere iniqua la Social Card in quanto vengono escluse tutte le famiglie, che pur essendo in condizioni di bisogno, non rispettano tale requisito. Inoltre, trattandosi di un programma selettivo (programma means-tested), non riesce a raggiungere l’intera popolazione idonea e va, quindi, incontro a problemi di mancato take-up. Per il 2012 è stato stimato per la Social Card un take-up pari al 32%. Attraverso un’analisi descrittiva si è arrivati a costruire un modello Probit al fine di individuare le determinanti del grado di mancata copertura del beneficio. È emerso che il mancato take-up è influenzato in maniera significativa dalla densità dell’area di provenienza della famiglia (se l’area è maggiormente popolata viene meno la paura di stigma sociale), dal grado di istruzione del capofamiglia (più basso è il livello di istruzione del capofamiglia, più alta è la probabilità che la famiglia richieda la Social Card), dal numero di lavoratori (all’aumentare del numero persone occupate, diminuisce la probabilità che la famiglia partecipi al programma) e dallo stato di deprivazione materiale della famiglia. Dall’analisi svolta è emerso che la Social Card incide maggiormente sulle famiglie che si trovano nelle fasce più basse della distribuzione del reddito e che sono composte da un unico genitore con figli minorenni o da un single ultrasessantacinquenne. L’incidenza è più alta anche per le famiglie numerose, oltre che per le famiglie con un numero basso se non nullo di lavoratori, e con capofamiglia scarsamente istruiti. La distribuzione geografica della Social Card presenta una concentrazione del beneficio nel Sud e nelle Isole. Per quanto riguarda l’effetto della Social Card in termini di riduzione della povertà e della diseguaglianza, è risultato che tale strumento di contrasto abbia avuto un impatto minimo, non particolarmente significativo: tutti gli indicatori di povertà e di diseguaglianza subiscono riduzioni prossime alle zero. Infine, tramite l’impiego di un modello difference in difference è stato stimato l’impatto della Social Card sulla deprivazione materiale, considerata nelle sue diverse componenti. I risultati, come per la povertà e la diseguaglianza, confermano che l’effetto è stato minimo, se non nullo, a causa della scarsa incidenza sul reddito del beneficio. Le ragioni di questa conclusione sembrano risiedere nel limitato ammontare che caratterizza la Social Card.
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