Riassunto analitico
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa 50 milioni di persone nel mondo sono affette da demenza e di queste il 50-60% è rappresentato da malattia di Alzheimer. Si tratta di una patologia degenerativa e progressivamente invalidante con esordio in età presenile, oltre i 65 anni di età, e che colpisce più spesso le donne. Come tutte le forme di demenza, anche l’Alzheimer comporta un progressivo decadimento delle funzioni cognitive, a cominciare dalla memoria. Dal punto di vista biochimico la malattia di Alzheimer è associata ad una variazione dei livelli di proteine e neurotrasmettitori, soprattutto acetilcolina. Il rilievo microscopico più importante è certamente la presenza di placche neuritiche senili, costituite da un nucleo centrale contenente la proteina amiloide Aβ, che induce neurotossicità attraverso la produzione di radicali liberi. Le terapie farmacologiche contro il decadimento cognitivo sono relativamente inefficaci e generalmente migliorano solo i sintomi propri della malattia all’esordio; non esistono infatti, allo stato attuale, farmaci che guariscano o blocchino la progressione delle malattie neurodegenerative, tantomeno della malattia di Alzheimer. Gli unici, ad oggi, ad essere utilizzati sono farmaci inibitori dell’acetilcolinesterasi e antagonisti del recettore N-metil-D-aspartato, i quali presentano però effetti clinici modesti ma effetti collaterali piuttosto rilevanti come crampi addominali, nausea, poliuria e diarrea. La mancanza di trattamenti efficaci ha portato alla valutazione di terapie alternative, come quelle a base di prodotti fitoterapici. Nella medicina tradizionale esistono, infatti, numerose piante che sono state utilizzate per la cura dei deficit cognitivi, inclusa la demenza di tipo Alzheimer, in virtù delle loro proprietà antiossidanti, anticolinesterasiche ed antinfiammatorie. Tra queste, una scoperta recente è stata la Bacopa monnieri, una pianta medicinale della tradizione ayuverdica, che esercita un’attività di neuroprotezione, migliorando la memoria, l’apprendimento e la cognizione soprattutto grazie alla presenza di bacosidi e le cui potenzialità sono state valutate mediante una serie di studi clinici condotti sull’uomo con esito positivo. Accanto a questa, certamente la Ginkgo biloba è la droga più conosciuta ed apprezzata per i suoi effetti a livello cognitivo ed in particolare, i meccanismi d’azione che presenta, come effetto antiossidante, di inibizione dell’aggregazione della proteina Aβ e di modulazione della fosforilazione della proteina tau, la rendono un prodotto efficace nel trattamento e nella prevenzione dell’Alzheimer e di altri disturbi neurodegenerativi associati all’età. Infine, seppur preliminari, esistono prove cliniche a supporto di una possibile efficacia anche da parte di Melissa officinalis e Salvia officinalis. I loro meccanismi d’azione sono simili, grazie alla presenza di un principio attivo comune, l’acido rosmarinico, che è il principale responsabile dell’attività inibitoria dell’enzima acetilcolinesterasi. Si potrebbe quindi affermare che i prodotti fitoterapici sono relativamente meno tossici, biodisponibili, esercitano molteplici effetti sinergici e migliorano le funzioni cognitive e colinergiche. Pertanto sembrano essere una promettente medicina alternativa nella prevenzione e nel trattamento dei disturbi neurodegenerativi e nell’alleviare le sofferenze dei pazienti. Tuttavia, una migliore conoscenza dei meccanismi alla base degli effetti neuroprotettivi di queste piante, può contribuire ad una maggiore comprensione della loro efficacia e complessità e può essere anche utile per progettare strategie terapeutiche nella pratica clinica futura.
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