Riassunto analitico
Nel mio lavoro di tesi, frutto di un'esperienza di tirocinio realizzata presso la scuola della Casa Circondariale di Reggio Emilia, si indaga il ruolo della scuola e dell’insegnante in contesto d’esecuzione della pena, a partire da un'analisi della Riforma dell’Ordinamento Penitenziario e delle sue implicazioni: infatti, la legge 26 luglio 1975 n. 354 assegna alla pena finalità trattamentali e rieducative che possono essere perseguite anche attraverso l’attività scolastica. In questa tesi ho dunque cercato di mettere in luce come fare scuola in carcere significhi non solo trasmettere nozioni di base ma anche e soprattutto fornire al detenuto strumenti per una sua migliore collocazione nel tessuto sociale, una volta terminato il periodo di detenzione. L’insegnante carcerario, al quale è richiesto di offrire occasioni di costruzione di competenze per il recupero degli svantaggi sociali e culturali, deve rivestire il ruolo del facilitatore, coniugando nella sua azione le richieste e i bisogni dell’organizzazione – l’istituzione carcere – con le necessità formative dei detenuti: declinare questi obiettivi in attività didattiche concrete non è facile e solo una formazione specifica – anche e primariamente in senso criminologico – può aiutare gli insegnanti a prevedere le difficoltà che incontreranno nella pratica didattica. Nel primo capitolo sono delineate le tappe principali dell'evoluzione del pensiero criminologico, evidenziando come le rappresentazioni del criminale e della criminalità mutino in relazione all'alternarsi delle fasi storiche. Nel secondo capitolo, incentrato sull'analisi del rapporto tra scuola e carcere, viene condotta una riflessione sul modo in cui la scuola organizza e adatta se stessa all'ambiente carcerario ma anche sul modo in cui il carcere ospitante la scuola modifica le proprie priorità inerenti non più soltanto l’ambito della sicurezza ma anche quello del trattamento. Nel terzo capitolo, dedicato all'insegnamento-apprendimento dell’italiano come L2 in contesto d’esecuzione della pena, si mette in luce lo stretto legame esistente tra lingua e cultura nonché il ruolo della pedagogia interculturale nel contesto carcerario, anticipando quanto viene trattato nel quarto capitolo, interamente incentrato sulla mia esperienza di tirocinio nella scuola della Casa Circondariale di Reggio Emilia; qui ho implementato un percorso d’insegnamento-apprendimento dell’italiano L2 per detenuti cinesi con l’obiettivo di fornire loro l’opportunità di imparare una nuova lingua che è utile se non necessario conoscere dentro e fuori le mura del carcere per interagire ed esprimere i propri bisogni nonché per integrarsi nel tessuto sociale del nostro Paese: tale esperienza mi ha fatto riflettere sul bisogno di promuovere una formazione specifica per l’insegnante che opera nell'istituzione carceraria affinché diventi consapevole e impari a gestire gli eventi inaspettati che in carcere sono all'ordine del giorno.
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